LA LOCANDA FANTASMA NELLE ACQUE DEL SEBINO IL MERCATO DEI DISSENNATI

Prologo

“Quel giorno ho bevuto una birra al mercato, ho bevuto un sorso, sono stato male, sono morto, sono rinato, sono dannato.
Dal profondo ti consuma, ti stordisce, ti inebria, ti rende potente, ti inebria, ti stordisce… ti consuma …da dentro …dal profondo.
Quando La bevi diventi parte di Lui e Lui parte di te e poi c’è il Mercato, come dimenticare il Mercato… se la birra ti consuma, il Mercato ti imprigiona.
Tra le sue vie, tra le sue tende e le sue bancarelle, ti pare un posto normale ma è come una prigione di seta. Sbarre che se afferri ti scivolano tra le mani ma appena ti allontani ti avvolgono e ti riportano dentro.
Quando sei un Dissennato cammini su un viale oscuro, abbandonato dove i sogni diventano incubi e tu sei il clown seduto sulla sedia del regista.
Io percorrerò la stessa strada del bandito!”

CAPITOLO 01

C’era una festa al paese quella sera. Alla taverna suonava la fisarmonica, si ballava il Valzer tra un bicchiere di vino e una fetta di salame. Non era proprio una festa vera e propria con un suo nome, un programma e tutte le cose che fanno di una festa una vera festa.
La vendemmia era finita, l’uva già pigiata nei tini in attesa di quell’alchimia che l’avrebbe trasformata in vino. Quella serata nasceva così, in modo spontaneo ogni anno, quasi fosse un rito religioso, a cavallo tra estate e autunno, in quei pochi giorni di pausa prima dell’inizio della raccolta di castagne, funghi e la preparazione per l’inverno di case e stalle. Tutti gli abitanti del paese, adagiato sulle pendici di quel monte che delimita la Val Gobbia, si ritrovavano per brindare insieme alle sventure passate e fortune future.
Nonostante ci fossero moltissime persone era una festa intima, non era necessario un invito, tutti si conoscevano e in qualche modo si volevano bene, anche se a volte lo dimostravano in modo strano, magari litigando per qualche centimetro di confine o per la proprietà di un certo angolo remoto di terra.
A questa festa da un pò di anni mancavano sempre e solo due persone, Oliviero il fabbro e sua figlia Elsa. Fino a una decina di anni prima, Oliviero con sua moglie Paola e la figlia erano persone comuni, vivevano la vita di paese come tutti. Oliviero era un fabbro eccezionale, creava e riparava oggetti con una maestria unica, talmente unica e rara che iniziarono ad arrivare persone da ogni dove per chiedergli di creare strani oggetti. La moglie e la figlia lo aiutavano come potevano.
Una notte, quando Elsa aveva circa dodici anni nel bosco adiacente a casa loro scoppiò una terribile rissa tra decine di persone, nessuno sapeva chi fossero e da dove venissero. Per tutta la notte in paese si sentirono urla e metallo che colpiva altro metallo, solo il giorno dopo si iniziò a capire qualcosa, furono trovati ventitré cadaveri a cui nessuno sapeva dare un nome, tranne ad uno: Paola.
Il giorno del funerale, a due giorni dalla carneficina, arrivò in città un gruppo di soldati, di non si sa bene quale esercito, che si accamparono nel cortile della casa di Oliviero. Nel giro di qualche mese tutta l’area intorno al bosco e alla casa del fabbro fu recintata e fu vietato l’accesso a chiunque. All’interno della palizzata venne costruita una piccola rocca di pietra e legno dove i soldati vivono tutt’ora.
Oliviero ed Elsa non parlarono più con nessuno, uscivano saltuariamente a fare qualche acquisto nelle botteghe, senza però mai dire una parola riguardo a cos’era successo quella notte o cosa ci facessero lì quei soldati.
I militari non uscivano mai, non fraternizzavano con nessuno, non partecipavano alle messe o ad altre manifestazioni, se ne stavano tutto il giorno di guardia e nessuno era mai riuscito a rivolgergli la parola. Il parrocco più volte aveva tentato di parlare con Oliviero ma veniva sempre fermato in malo modo. Un paio di volte all’anno arrivavano nuovi soldati e altri lasciavano la zona. La cosa più assurda che lasciava tutti sgomenti era il continuo via vai di carrozze lussuose che entravano e uscivano a tutti gli orari del giorno e della notte, carri che arrivavano pieni di ferro e metallo e uscivano dopo qualche giorno con qualcosa nascosto sotto dei teli. Nonostante tutto questo movimento di persone e di merci nessuno del paese aveva la minima idea di cosa succedesse dietro quella recinzione. Quel posto, col passare del tempo, diventò un corpo esterno al paese, fisicamente presente e ben visibile ma allo stesso tempo inesistente.
In paese si erano addirittura stufati di inventare storie e spiegazioni. Gli unici due balordi che furono contenti di questa situazione erano due fratelli, proprietari del bosco dov’era successa la carneficina. Pochi giorni dopo quel tragico evento, infatti, dai fratelli si presentarono dei contabili di qualche nobile della città, acquistarono il terreno per dieci volte il suo valore intimando ai proprietari di non farci più ritorno. I fratelli erano due scansafatiche e furono felicissimi di guadagnare un sacco di soldi per un pezzo di terreno ereditato nel quale, per giunta, non erano mai neanche entrati.
L’abitazione del fabbro si trovava leggermente fuori dal paese, non troppo distante ma comunque staccata di un centinaio di metri. Ogni notte si sentiva battere il ferro, si vedevano i fumi della fucina salire dai camini. Qualcuno del paese giurava di aver sentito rumori di minatori provenire da quel luogo. Le autorità del posto, sempre pronte a curiosare, a dettare leggi, a pretendere tasse da tutti, in questo caso avevano un atteggiamento sospetto, si comportavano come se quel luogo non esistesse affatto. Più volte i paesani avevano mostrato preoccupazioni e chiesto chiarimenti, ma la risposta era sempre la stessa: «Non sono affari nostri o vostri, fate finta che quel posto non esista!».
Ma quella sera alla festa, mentre qualcuno cantava altri ballavano, la musica e le urla dei giocatori di mora e briscolone si fondevano in un unico suono avvolgente. Elsa fece il suo ingresso in punta di piedi, o per lo meno ci provò. Tutto d’un tratto ogni cosa si fermò, tutti rimasero immobili, bloccati ad osservarla come se fosse apparso un fantasma. Talmente era surreale la situazione, che sembrava addirittura che le mosche si fossero bloccate. Elsa, come nulla fosse, attraversò la zona dove si ballava facendo qualche mezzo sorriso. I suoi capelli neri contornavano un viso quasi da bambina, di corporatura era minuta ma al contempo atletica, poteva anche sembrare una ragazza totalmente indifesa. Tuttavia il suo modo di camminare, la sua postura, i suoi atteggiamenti, lasciavano presagire che era meglio non importunarla. Si accomodò ad un tavolo posando a terra un borsone, e guardò in direzione del cameriere. Assieme al suo sguardo anche lo sguardo di tutti i presenti si spostò su Giacomo, il cameriere.

CAPITOLO 02

Giacomo sospirò, sperava in una serata non troppo problematica, c’era già stata una scazzottata prima tra due cugini che non erano d’accordo sul risultato di una mano di mora e adesso, in mezzo agli sguardi incuriositi, doveva raggiungere perfino quel tavolo. Giacomo odiava essere al centro dell’attenzione, ma si avvicinò al tavolo di Elsa
«Buonasera signorina, cosa posso portarle?»
«Che formalità! Buonasera sig.Giacomo desidereremmo conoscere i piatti proposti dal mastro cuoco!»
I due si guardarlo per un attimo e fecero una leggera risata.
«Scusami Elsa, sono tanti anni che non ci vediamo, credo che l’ultima volta che ci siamo visti giocavamo a casa di Beppe a nascondino»
«Beh si, in effetti hai ragione, ultimamente non sono uscita molto...», fece un sorriso «... anche tu comunque devi essere diventato un personaggio curioso, ti stanno guardando tutti!».
Giacomo scoppiò a ridere mentre tutti gli altri riprendevano pian piano le loro attività. Elsa ordinò il più classico dei piatti del posto: spiedo con polenta e patate arrosto. Mentre il cameriere proseguiva il suo lavoro tra i tavoli, non mancava mai di lanciare uno sguardo e un sorriso alla sua amica d’infanzia. Apparentemente nessuno badava alla ragazza, tutti erano impegnati in qualche attività, ma la curiosità serpeggiava prepotente nelle menti dei paesani.
Fu una vecchia a prendere l’iniziativa e a cedere per prima alla bramosia di scoprire qualcosa su cui spettegolare con le altre comari, così si alzo e andò a sedersi al tavolo di Elsa. Si sedette fingendo una condizione di fatica che non le apparteneva per rendersi degna di compassione
«Sei la figlia di Oliviero? Come sta tuo papà? Eravamo tanto amici, è una vita che non lo vedo»,
Elsa sorrise sinceramente
«Si sono io, mio papà sta molto bene grazie! Gli riferirò sicuramente che mi ha chiesto, lei come si chiama?».
«Sono la Anna, devi dirgli la Anna dei prati alti, sicuramente si ricorda di me. Veniva sempre con tua mamma a prendere il latte su da me». Sentendo la parola “mamma” Elsa si incupì per un piccolo istante ma la sua interlocutrice non se ne accorse e continuò «Penso sempre a quella sciagurata notte in cui è venuta a mancare».
Ci fu un istante di silenzio, poi Elsa prese la mano di Anna e le disse:
«Anch’io ci penso sempre, da quel giorno mio padre non ha più detto una parola e si comporta in modo strano, si figuri che ci hanno anche mandato dei soldati per tenerlo sotto controllo. Ma mi scusi se la tedio con questi discorsi ma ho davvero tanto bisogno di parlare con qualcuno, è per questo che sono qui stasera».
Anna dei prati alti era al settimo cielo, non pensava sarebbe stato così facile scoprire quello che voleva, finse commozione:
«Cara! Non preoccuparti, confidati pure!».
Elsa iniziò a parlare e le sue parole scorrevano come l’acqua in un fiume in piena:
«Quella notte un gruppo di briganti arrivò dietro casa nostra, erano braccati da alcuni soldati. I briganti non erano soli, con loro c’era un orco, un orco vero, con le corna, la pelle nera, gli occhi rossi fu… ancora vedo la scena se chiudo gli occhi. I soldati in qualche modo hanno vinto la battaglia. Le risparmio i dettagli più cruenti perché al solo pensiero mi viene da svenire. L’orco fuggì nella grotta, ed è ancora li dentro, i soldati fanno la guardia costantemente all’ingresso e studiosi da tutto il regno, e mi sa anche da altri regni, vengono per cercare di studiarlo. Mio padre ha costruito delle sbarre per tenerlo imprigionato, è sempre lì, non sappiamo come si nutre! Probabilmente ha qualcuno che lo aiuta portandogli del cibo. Non ha idea di quante ossa di animali, e anche umane, troviamo fuori dalla grotta….» l’anziana era sbigottita, non sapeva cosa dire anche perché si diceva che quella grotta avesse una piccolissima uscita secondaria che finiva dritta nei prati alti vicino alla casa di Anna «…ma non si deve preoccupare, i soldati hanno tutto sotto controllo e nei prossimi giorni dovrebbero arrivare dei cavalieri di non so dove a risolvere definitivamente la questione.».
La vecchia, sempre più terrorizzata chiese: «E tuo padre?»
«Lui lavora, l’esercito ha scoperto quanto è bravo a costruire marchingegni e armi, così gli stanno facendo preparare un sacco di oggetti da usare nella guerra contro gli orchi.»
«Cosa? La…la…la guerra contro gli orchi?».
«Certo, quell’orco da qualche parte arriva, fosse anche uscito dalla bocca dell’inferno devono essercene altri come lui, non crederà sia l’unico al mondo e appena vengono a cercarlo stia pur certa che saremo pronti.»
Anna non era più tanto felice, arrivò Giacomo al tavolo con due bicchieri e una bottiglia di vino, si accomodò al tavolo e con voce seria chiese: «Elsa, di tutto quello che hai raccontato ad Anna che cosa è vero?»,
«Beh, che mio padre costruisce oggetti in ferro per l’esercito, ma non sono armi, sono per lo più mobili, cancelli e qualche statua».
Elsa e Giacomo si misero a ridere.
Anna furibonda esclamò: «Tale e quale a tua madre!» e se ne andò in malo modo.
«Elsa, è passato tanto tempo ma sei rimasta la solita burlona, ma come farai a inventarti certe cose!»
«Come puoi immaginare Giacomo la mia vita in questi ultimi anni è stata un pò particolare, stasera però non ho voglia di pensarci, volevo assaporare la vita com’era una volta, sentire questi odori, il chiacchiericcio, come se fosse tutto normale. Finita la cena devo partire, ho un posto da raggiungere e una missione da compiere.»
«Stai ancora scherzando vero?»
Elsa cambiò espressione
«Ora sono seria, magari un giorno ti racconterò tutto, sto qui a godermi l’atmosfera e questo pessimo vino ancora un pò poi devo raggiungere il Mercato dei Dissennati!»

CAPITOLO 03

«Il mercato dei dissennati!? Ti sei ammattita in questi anni? E’ il posto più pericoloso del mondo e tu vuoi andarci, per giunta partendo in piena notte attraversando dei monti che brulicano di banditi»
«Giacomo, non ti nascondo che ho un pochino di paura, non sono più quella bambina di dieci anni fa, purtroppo quella notte la mia vita è cambiata per sempre, sono stata addestrata dai migliori insegnanti, ho delle cose da fare che posso fare solo io, è una mia responsabilità e lo devo fare.»
«Ok le responsabilità ma viaggiare per giorni, da sola per raggiungere un posto che francamente non ho mai capito se esiste davvero o se è solo una storia per spaventare le persone»
Elsa sollevò leggermente le spalle e le riabbassò subito lasciando intendere che anche lei non sapeva cosa aspettarsi.
«E se io venissi con te? Partiamo domani prima di pranzo, giusto il tempo di sistemare due cose!»
«Questa si che è una bella idea! Oltre a dover attraversare zone impervie, stare attenta a lupi e banditi dovrei pure fare da balia. Non oso immaginare cosa potrebbe andare storto. Giacomo è troppo rischioso, non fraintendere le mia parole, sei sicuramente un ragazzo forte e impavido ma adesso non si tratta di affrontare due ragazzini che fanno i prepotenti con una bambina o di rubare le mele del Beppe. Sono cose per le quali mi sto preparando da anni, solo per spiegarti a cosa andiamo incontro mi servirebbe un giorno, poi dovresti allenarti, imparare a sopravvivere, a usare una spada e un pugnale in contemporanea, a mentire, a simulare e forse saresti costretto anche ad uccidere. Mi spiace Giacomo, mi avrebbe fatto piacere affrontare questa cosa in due ma se sono da sola devo badare solo a me stessa».
Giacomo fece una smorfia e iniziò a sparecchiare il tavolo, Elsa tirò fuori un diario e una penna dal suo borsone e iniziò a scrivere. Mentre Elsa scriveva, Giacomo lavorava pensando a cosa dire per convincerla a farsi accompagnare, fece così un primo viaggio verso la cucina, poi un secondo e quando tornò per portar via le ultime cose al posto di Elsa trovò un ferma capelli di metallo, dei soldi per saldare il conto e un foglio piegato a metà con scritto sopra il suo nome. Giacomo si guardò intorno spaesato, sembrava si fosse dissolta nel nulla, chiese al tavolo accanto se avessero visto la ragazza andar via ma non si erano accorti di nulla. Sul biglietto c’era scritto “Devo fare questa cosa per conto mio, magari quando torno possiamo berci un’altra bottiglia di vino e chiacchierare con calma. Ti affido il mio ferma capelli e anche una missione per quando sarò di ritorno. La tua missione è recuperare una bottiglia di vino meno scadente di quello che mi hai portato stasera, non puoi pensare di conquistare una donna con un vino del genere.”
Giacomo si sedette al tavolo, continuava a rileggere il biglietto sperando ogni volta di trovare qualcosa di diverso, qualcosa di interpretabile diversamente. Fu la solita Anna dei prati alti a interrompere i pensieri di Giacomo
«Senti ragazzo, è indubbiamente una bellissima ragazza ma è pericolosa e nasconde qualcosa di ancor più pericoloso. Non gli ho tolto gli occhi di dosso da quando mi sono alzata dal tavolo. Ero seduta là in fondo, non poteva vedermi, eppure mi sono girata solo per un istante, il tempo di starnutire e quando mi sono rigirata verso di lei era sparita. Stava scrivendo e nel tempo di uno starnuto è sparita.»
Giacomo riguardò il biglietto e notò un’altra scritta sul retro: “Salutami Anna!”. Giacomo scoppiò a ridere poi esclamò «E’ sempre la solita! Ma come diavolo fa!».
Nascosta dietro un enorme ciliegio Elsa osservava la scena, dentro di lei un turbinio di emozioni forti si intrecciavano, prendevano il sopravvento e poi morivano sostituite da altre emozioni ancora più forti. Un istante dentro di se rideva per lo scherzo ben riuscito e l’istante seguente soffriva per tutto quello a cui aveva rinunciato e a cui avrebbe dovuto ancora rinunciare per molto tempo. Eppure non era l’unica nella sua condizione, anche se gli altri in qualche modo avevano scelto il loro destino e non se lo erano trovato davanti come lei. Pensava spesso a due ragazzi conosciuti qualche mese prima, Tone e Piera, erano un pò come lei, eppure erano felici, avevano trovato l’amore e addirittura il loro amore sembrava rafforzato dai segreti che condividevano. Per lei però era diverso, mantenere dei segreti e agire nell’ombra era una cosa, essere il segreto invece era ben diverso.

CAPITOLO 04

Elsa si mise in cammino, doveva compiere molta strada e affrontare un sacco di problemi. Il primo obiettivo di quella notte era recuperare un lasciapassare per il Mercato dei Dissennati. Era ormai notte, la campane del piccolo paesino da cui era partita avevano appena battuto un rintocco. La luna piena agevolava la vista e con quella luce tutto assumeva un’aurea incantata, una volta superata la paura e l’inquietudine del buio, era la miglior compagna che si potesse desiderare. Lei aveva sempre adorato muoversi di notte, sopratutto nelle serate di luna piena, anche negli anni prima, quando tutto il paese dormiva profondamente lei si aggirava silenziosa per le vie. Osservava le case, entrava in chiesa dalla finestra scassata della sagrestia, si muoveva tra i giardini e le stalle, i cani ormai avevano imparato a conoscerla e non abbaiavano più al suo passaggio.
Mentre camminava tra i boschi notò un’incisione su una pietra, un cerchio con due piccole croci sulla circonferenza. Era ciò che cercava, proseguì ancora per un centinaio di metri fino a trovare un punto dove accamparsi. Anche se la notte non era fredda, per prima cosa accese un fuoco bello grande, poi iniziò a preparare il rifugio dove dormire. Per prima cosa fissò un ramo in orizzontale a circa un metro di altezza incastrandolo da un lato su una pietra e dall’altro su un albero, poi aprì completamente il suo borsone che altro non era che un enorme lenzuolo piegato a dovere che appoggiò sul ramo in modo da formare una piccola tenda, infine sistemò all’interno della tenda un altro lenzuolo un pò più spesso da utilizzare come letto. Si guardò in giro con attenzione, e si nascose tra gli alberi a fianco dell’accampamento improvvisato.
Dopo una decina di minuti la sagoma di un uomo entrò furtivamente nell’accampamento. Elsa dapprima sorrise con ghigno malvagio poi guardando bene la sagoma si accorse che non era chi aspettava.
«Giacomo?! Che diavolo ci fai qui?»
«Ehi, ciao Elsa! Dopo che te ne sei andata non riuscivo a smettere di pensare al viaggio che stavi per intraprendere ed ho pensato di accompagnarti per un pezzo, poi si vedrà»
«Tu sei tutto scemo, sei uscito di senno! Adesso ascoltami bene, torna subito in paese, vai a dormire, ubriacati, fai quello che vuoi ma vai subito via di qui.»
Nel mentre i due discutevano la voce di un uomo li interruppe!
«Bene, bene, bene cosa abbiamo qui? Due piccioncini in fuga d’amore. Purtroppo vi siete accampati nel mio territorio e avete anche avuto la brillante idea di accendere un bel fuocherello. Temo dovrete pagare una piccola tassa.»
Giacomo d’istinto si pose tra Elsa e quell’uomo.
«Non abbiamo molti soldi! Quanto vuoi per lasciarci in pace?»
«Mah, visto e considerato l’uso della legna per il fuoco, lo spazio per la tenda direi che mi prendo tutto quello che avete. Soldi, tenda, vestiti e inoltre voi due da domani lavorerete per me fino ad aver saldato il debito.»
Giacomo con un braccio spostò Elsa ancor più indietro, poi estrasse un coltello dalla cinta dei pantaloni.
«Credo che dovremo riparlarne amico mio».
«Oh oh oh qual coraggio messere! Ragazzi venite fuori vi voglio presentare un uomo coraggioso, morto, ma coraggioso»
In quel momento da dietro alcune piante sbucarono altri cinque banditi. Giacomo però non si diede per vinto.
«Questo non cambia nulla, siete solo dei vigliacchi, ve lo ripeto, lasciateci in pace, vi garantisco che domani mattina vi riporterò la legna che abbiamo bruciato, un pò di soldi e qualche bottiglia di buon vino, ora noi ce ne andiamo».
Elsa in tutto questo guardava Giacomo con ammirazione, non aveva alcuna possibilità di cavarsela, sarebbe potuto scappare di corsa e salvarsi, invece no! Era lì fermo davanti a lei con un coltello da cucina in mano, pronto a morire pur di difendere un’amica che non vedeva da oltre dieci anni. Scosse un attimo la testa, abbassò il braccio con il quale Giacomo impugnava il coltello e fece due passi in avanti.
«Giacomo, ci penso io qui», poi si avvicinò al capo dei banditi.
«Ciao Zanu! Non fidarti di questo tizio, non ha la più pallida idea di cosa sia un buon vino, a volte sospetto non sappia neanche cosa sia il vino. Cercavo giusto te, avevo un programma diverso in mente ma ormai siamo qui! La farò semplice, dammi il tuo lasciapassare per il Mercato dei Dissennati e vi lascio andare via di qui sulle vostre gambe.»
Zanu scoppiò in una grassa risata e fece un cenno ai suoi uomini che si mossero in direzione di Elsa. I primi due caddero a terra morti, uno con un pugnale piantato in gola e l’altro con del sangue che gli usciva dalle orecchie. Zanu si ritrovò la lama di uno spadino che gli premeva forte sulla gola, Elsa sorrise, di nuovo con un ghigno maligno.
«Te lo ripeto, forse non hai afferrato il concetto! Dammi il tuo lasciapassare per il Mercato dei Dissennati e vi lascio andare via di qui sulle vostre gambe»
I banditi si bloccarono in attesa di istruzioni, Zanu stava sudando freddo, Giacomo non muoveva un muscolo, Elsa sorrideva dolcemente e poi premette un pò di più lo spadino sulla gola di Zanu.
«Ragazzina, tu non hai idea di cosa ti sta per succ.. ahia, mi stai …» e il bandito cadde a terra morente tra spasmi di dolore mentre si teneva la gola.
Elsa, con tono serio e guardando i tre banditi rimasti in piedi davanti a lei si chinò sul cadavere e pronunciò una frase di comiato quasi commossa
«Qui finisce la storia di Zanu, il bandito del passo del Cavallo! Era una brava persona, mancherà a molti»
Poi strappò una catenina dal collo del bandito, il ciondolo della catenina era un cerchio con due piccole croci sulla circonferenza, e la andò ad appoggiare vicino alla tenda. I tre banditi si voltarono lentamente e se ne andarono. Giacomo era ancora pietrificato dalla paura.

CAPITOLO 05

«Giacomoooo, tutto bene?»
Giacomo scosse la testa, guardò il coltello nella sua mano e poi i suoi occhi si posarono su di Elsa, sembrava così delicata e indifesa e invece, proprio davanti ai suoi occhi, aveva appena sgominato una banda di banditi uccidendone tre con la stessa disinvoltura con cui lui affettava il salame.
«Elsa, come hai potuto... cioè, aspetta, volevo dire come hai fatto a liberarti di quegli uomini così, come nulla fosse»
«In questi anni di isolamento non sono stata seduta a ricamare a maglia, mi sono addestrata con i migliori guerrieri del mondo, mi sembra di avertelo già accennato quando ti ho detto che era meglio se non mi accompagnavi»
«Alla faccia dell’addestramento! Erano sei guerrieri armati e probabilmente anche esperti»
«No Giacomo erano sei balordi con dei pezzi di ferro in mano, non erano dei guerrieri con delle armi. E’ possibile che fossero dotati di una forza maggiore della mia, ma la forza è solo un lato del complesso poligono che rappresenta le doti di un guerriero. Un guerriero allena per prima cosa la mente, poi la destrezza, la velocità, l’agilità, l’astuzia, la forza, padroneggia le armi conoscendone la storia, quello che rappresentano, se sei solo forza allora sei semplicemente un uomo forte».
«Non sono sicuro di aver capito bene cosa sia successo un attimo fa e neanche il tuo discorso, comunque siamo vivi e tutto grazie a te, credo di doverti la vita.»
«Il solito esagerato, anche tu mi sembravi abbastanza pronto a combattere. Quando ti ho visto con quel coltello in mano ho avuto il terrore che ti mettessi a tagliare una fetta di formaggio»
I due fecero una leggera risatina per stemperare la tensione e si scambiarono uno sguardo d’intesa, poi Elsa prese le mani di Giacomo tra le sue e lo guardò intensamente negli occhi
«Senti amico mio, se sei stufo di portare pessimo vino ai tavoli spacciandolo per qualcosa di buono puoi venire con me. Cercheremo di viaggiare al sicuro ma è possibile, anzi quasi certo, che accadano altre cose come questa. Se invece hai paura è comprensibile, torna a servire buon vino ai tavoli e, se ti è possibile, fai finta che stasera non ci siamo visti. La prossima volta che mi vedrai seduta al tavolo della taverna sarà tutto finito. E’ una scelta difficile e una volta presa non si torna indietro, ma devi sbrigarti. Tra poco qui torneranno quei banditi, con molti rinforzi, e ci braccheranno per giorni! Il loro nuovo capo vorrà sicuramente recuperare questo medaglione velocemente»
Giacomo osservava i cadaveri per terra, i due più distanti erano uomini decisamente grossi, forti, impugnavano delle spade che forse lui non era neanche in grado di maneggiare senza sforzo. Erano uomini abituati a uccidere, rapinare e chissà quante volte avevano partecipato a risse e combattimenti uscendone sempre vivi. In quella notte erano morti ancor prima di poter dimostrare la loro forza. Nessuno aveva visto cos’era successo, avevano ricevuto un ordine e nel momento esatto in cui la loro mente aveva finito di elaborarlo erano stati uccisi da qualcosa che aveva le sembianze di una ragazzina.
Giacomo, in quel momento, era terrorizzato da Elsa, non tanto per quello che aveva fatto, se non li avesse uccisi molto probabilmente in questo momento sarebbe stato lui quello sdraiato a terra con un buco nella gola ed Elsa avrebbe fatto una fine anche peggiore. Lo spaventava la tranquillità con cui Elsa aveva affrontato la cosa, il modo quasi rilassato con cui aveva frugato nel cadavere ancora fresco di quel Zanu per impossessarsi di un medaglione dal dubbio valore. Era forse una ladra, una brigante. Dall’altra parte però provava anche qualche tipo di sentimento per quella ragazza e poi c’era il fascino dell’avventura, i brividi dati dall’adrenalina.
«Ho deciso, vengo con te! Nessun dubbio ma prima mettiamo in chiaro che il vino che servo alla locanda non fa poi così schifo, non è di certo un vino come quelli che fanno di là verso il lago ma ha un suo carattere»
«Bene Giacomo, non so se esserne felice o spaventata ma ormai siamo qui. Da quando ho deciso di imbarcarmi in questa impresa ho iniziato a pianificare ogni singolo aspetto di questo viaggio. Non sono neppure all’inizio ed è già tutto saltato. Recuperiamo tutti i soldi che ci sono addosso a questi cadaveri velocemente.»
«Elsa! Li hai uccisi per rapinarli?»
Elsa iniziò a frugare nelle tasche del capo banda alla ricerca di qualcosa
«Sai bene perchè li ho uccisi. Ma ci serve un diversivo, soprattutto per nascondere il furto del medaglione. Se portiamo via tutto ciò che c’è di valore i loro compagni penseranno, come te, ad una rapina! Poi abbandoniamo le cose più pesanti nella direzione opposta a quella in cui dobbiamo andare così potremo sicuramente guadagnare molto tempo.»
Anche Giacomo iniziò a frugare tra i corpi distesi a terra e dopo aver racimolato tutto, Elsa disse a Giacomo di aspettarla li per un attimo, partì così di corsa tenendo tra le mani le spade sottratte ai corpi dei banditi e gli stivali di Zanu.
Giacomo restò solo nel buio, impaurito, a riflettere sugli eventi appena accaduti e un brivido gelido attraversò tutto il suo corpo, ebbe la certezza di essere stato abbandonato.
Passarono ancora un pò di minuti nel silenzio più totale, e poco dopo Elsa riapparve di corsa evidentemente affaticata.
«Sono andata più lontano che potevo! Tu cosa hai fatto? Sei rimasto fermo a contemplare la luna? Svelto muoviti, raccogliamo tutte le cose e andiamo. Dobbiamo andare nella direzione da cui arriveranno i banditi con i rinforzi e nasconderci»
Giacomo soppesò con la mano un sacchetto di monete
«E queste?».
«E queste non lo sò! Tienile in tasca per ora. Mi sto già pentendo di averti proposto di unirti alla mia missione.»

CAPITOLO 06

I due si misero in marcia con passo spedito, camminavano in silenzio, si sentiva solo il respiro pesante di Giacomo che, evidentemente, non era preparato a lunghe camminate.
Stavano camminando su un sentiero che costeggiava il fianco di una montagna quando in lontananza apparve la luce creata dalle fiamme di una torcia, poi un altra luce e subito dopo un altra decina che si muovevano verso di loro a gran velocità.
Giacomo smise di respirare improvvisamente. Elsa, che lo precedeva, si girò verso di lui e gli fece cenno di seguirlo in silenzio nella direzione da cui erano venuti. Corsero per qualche centinaio di metri, poi Elsa sussurrò a Giacomo di fermarsi. C’era un piccolissimo sentiero che incrociava quello dove si trovano loro e che saliva verso la cima della montagna. I due imboccarono velocemente la deviazione, fecero pochissimi metri quando iniziano a vedere le luci tremolanti delle fiaccole e sentire le voci dei banditi. Si gettarono a terra immobili.
Giacomo dentro di se continuava a ripetere il “Padre Nostro” confidando in un aiuto dall’Alto, Elsa era tesissima, stringeva un pugnale tra le mani mentre osservava il punto del sentiero da cui stavano arrivando i banditi. Se anche solo uno dei banditi li avesse visti, si sarebbero trovati addosso almeno due dozzine di spade affilate. Elsa era sicura che in qualsiasi modo fossero andate le cose, Giacomo non ce l’avrebbe fatta. I compagni di Zanu si fermarpno proprio a due passi da loro, quello che sembrava essere il capo prese parola:
«Ci siamo quasi, sono accampati qui vicino. Sono solo in due ma non mi fido, la ragazza è pericolosissima come vi ho già detto, del ragazzo non ho fatto in tempo a scoprire nulla ma se è in giro con quella credo sia altrettanto pericoloso, se non di più. Avanziamo noi otto e li affrontiamo frontalmente, voi nel frattempo circondate l’accampamento e appena siete certi di non sbagliare, piantategli una freccia nella schiena»
Giacomo, sempre nascosto e tremolante, ebbe una piccola infusione di coraggio quando sentì che parlavano di lui come di un tipo pericoloso, cercò lo sguardo di Elsa, ma riusciva a malapena a distinguerne la forma nascosta tra qualche albero. I banditi passarono ancora qualche minuto fermi in quel punto ad organizzarsi, poi si rimisero in marcia più lentamente.
Elsa e Giacomo stettero fermi e in silenzio per alcuni minuti, poi Elsa uscì da dietro l’albero dove era nascosta, fece cenno a Giacomo di alzarsi in silenzio e si rimisero in marcia a passo spedito ma con circospezione. Solo quando si sentirono pienamente al sicuro Elsa spiegò che dovevano raggiungere l’accampamento della banda di Zanu, individuare dove teneva le sue cose e recuperare un diario che spiegava dove trovare il Mercato dei Dissennati ,prima che i banditi tornassero indietro.
Camminarono in silenzio e giunsero abbastanza velocemente nei pressi di una radura pianeggiante ai limiti della quale, poco prima che ricominciasse il bosco, c’era un piccolo villaggio fatto di baracche di legno e tende improvvisate con coperte e stracci. Il villaggio sembrava deserto, i due si avvicinarono molto silenziosamente. Elsa fece cenno al suo compagno d’avventura di stare nascosto, mentre lei si avvicinava ancora un pò per un esplorazione più approfondita.
Giacomo si sedette con la schiena contro un albero e osservava la strada da cui erano venuti temendo il ritorno dei banditi. Passarono una decina di minuti ed Elsa fece ritorno:
«Bene Giacomo, è rimasto solo un uomo di guardia, ed è abbastanza ubriaco, poi ci sono una mezza dozzina di prigionieri incatenati, ho individuato la baracca di Zanu. Avviciniamoci, io entro e cerco quello che mi serve, tu stai di guardia e se si muove qualcosa mi avvisi, non sono entrata nelle altre baracche e non so se ci sono altri banditi all’interno. Mi raccomando, silenzio, non farti sentire o vedere da nessuno. Ci metteranno giorni a capire cosa abbiamo sottratto e a quel punto sarà tutto finito… nel bene o nel male».
Si misero all’opera, raggiunsero la baracca di Zanu dal retro aggirando il bandito di guardia. Elsa entrò da una finestra chiusa con una semplice tenda, d’altronde nessuno dei banditi avrebbe mai pensato che qualcuno venisse a rubare a loro. Giacomo avanzò lentamente fino a trovarsi vicino all’ingresso principale della baracca, in modo da avere la visuale su tutto il villaggio e anche sulla via da cui sarebbero di li a poco rientrati i banditi.
Dentro la baracca Elsa si stava muovendo tanto velocemente quanto silenziosamente. Ogni libro, blocco, foglietto di appunti, non fuggiva da una sua analisi scrupolosa mentre ignorava completamente monete e gioielli. Giacomo intanto osservava i prigionieri, erano sette, due adulti e cinque ragazzini. Il guardiano si divertiva a dargli tormento rovesciandogli addosso del vino e insultandoli. Elsa sembrava aver trovato quello che cercava, un piccolo diario con annotati nomi di persone, i dettagli di quelli che sembravano dei pagamenti e una pagina conteneva le istruzioni per raggiungere il Mercato che cercavano. Corse all’ultima pagina per essere certa che fosse aggiornata, sorrise. In quel momento sentì un forte tonfo provenire da fuori, il rumore di catene che si muovevano velocemente, urla di paura e poi una gran confusione. Sbirciò dalla finestra e le sue paure ebbero riscontro, Giacomo non era al suo posto.

CAPITOLO 07

Elsa nascose il diario nelle tasche dei suoi vestiti e si avvicinò alla finestra da cui era entrata, poi si sentì chiamare a voce alta:
«Elsa, presto, aiutami».
Era Giacomo! Elsa scosse la testa, poi guardò verso il soffitto chiedendosi “Perché l’ho portato con me, perché…” e si diresse davanti alla tenda che fungeva da porta. Spostata la tenda si aspettava di vedere Giacomo steso a terra con il bandito che gli puntava una lama al collo e invece vide Giacomo intento a liberare dalle catene i prigionieri e il bandito steso a terra
«Cosa diavolo hai fatto Giacomo? Dovevi stare fermo in un angolo e osservare. Ti ricordi “silenzio, non farti notare, ecc…” mi spieghi cosa non hai capito?».
«E’ stato più forte di me, dobbiamo aiutare queste persone, svelta».
Elsa era furibonda ma poi si rese conto di cosa aveva fatto Giacomo, forse aveva ragione lui. Non aiutare quelle persone quando se ne aveva la possibilità sarebbe stato sbagliato.
Uno dei due adulti, dopo aver parlato con Giacomo, si avvicinò ad Elsa dicendo:
«Eravamo persone libere, ci hanno raggirato e abbiamo contratto dei debiti, siamo diventati schiavi. Il nostro vecchio padrone ci ha venduto a questi briganti e da più di un anno ci hanno obbligato con la violenza a servirli e riverirli. Non essere arrabbiata con il tuo fidanzato, ha solo cercato di aiutarci.»
Elsa arrossi, provò uno strano sentimento di cui ebbe un pò paura
«No c’è un errore, non è il mio fidanzato, è solo un compagno, cioè non è un compagno nel senso che siamo… va beh lascia perdere. Ora sapete dove andare e cosa fare?»
«No, non abbiamo nulla. Vogliamo solo scappare da qui.»
Elsa batté la mano sulla spalla del signore, capì che erano solo una famiglia molto sfortunata e che Giacomo aveva fatto l’unica cosa che si doveva fare. Era ingenuo, non particolarmente forte o audace, ma faceva sempre la cosa giusta senza curarsi delle conseguenze.
Giacomo aveva appena finito di liberare l’ultimo ragazzino e quando si alzò si trovò faccia a faccia con Elsa, temeva una bella ramanzina e magari anche uno scappellotto invece ricevette un abbraccio.
«Ammetto che hai fatto bene a disobbedirmi, ma la prossima volta parlamene prima, per favore. Ora cosa ne facciamo di loro? Se li lasciamo andare da soli non faranno di certo una fine migliore di questa.»
«Senti Elsa, ho un cugino, è un parroco o qualcosa di simile! Vive in un paese sulle sponde di un grande lago che si trova a mezza giornata di cammino in direzione Est. Potremmo accompagnarli da lui, sono certo che li aiuterà a trovare un nuovo posto dove stare.»
«Mi sembra una buona idea, però aspettami un attimo».
Elsa corse nuovamente dentro la baracca di Zanu, prese un sacchetto e lo riempì di monete e alcuni pezzi d’oro, poi andò dalla madre dei ragazzi e porgendole il sacchetto le disse:
«Consideratela la paga per i vostri servigi, con questi non avrete problemi a comprarvi qualche animale e un pezzo di terra molto lontano da qui. Se sarete attenti saranno sufficienti a vivere sereni per molti anni. Giacomo vi accompagnerà da una persona che vi può aiutare».
La donna si mise a piangere e ringraziò Elsa abbracciandola e Giacomo osservava Elsa con una faccia perplessa mentre ascoltava cosa le stava dicendo.
«Hey, non guardarmi così, tu li hai salvati e adesso è una tua responsabilità non abbandonarli. Le nostre strade si dividono qui, o meglio si divideranno domani mattina. Per stanotte è meglio che ci allontaniamo alla veloce e cerchiamo un posto dove trovare ristoro per qualche ora. Domattina io devo proseguire per il Mercato e tu devi occuparti di loro.»
Giacomo tentò di protestare ma Elsa era irremovibile. S’incamminarono, direzione est, sul versante del monte opposto a quello da cui erano partiti. Camminarono un paio d’ore e quando furono più che sicuri di non essere seguiti si accamparono per la notte in una piccola radura a poche centinaia di metri da un paesello di contadini. Stettero lì qualche ora, sdraiati, in silenzio, nessuno riuscì a dormire a parte Elsa e i due ragazzini più giovani.
Giunse la mattina, Elsa mandò Giacomo al paese a comprare un pò di provviste, quando rientrò con pane, latte, miele e qualche pera la felicità invase i volti della famiglia che avevano salvato. Fecero una colazione abbondante, risero e scherzarono per un pò. Sembravano felicissimi, Giacomo addirittura sembrava lo zio dei ragazzi e non un perfetto sconosciuto incontrato la notte precedente in un covo di banditi.
Elsa se ne stava in disparte a studiare il diario che aveva rubato e li osservava con un misto di gioia e tristezza. Gioia perché avevano reso felici delle persone buone e tristezza perché in fondo sapeva che non avrebbe mai potuto provare quella felicità. La donna della famiglia si avvicinò ad Elsa con una fetta di pane e miele
«Si capisce che sei fatta di un altra pasta rispetto a tutti a noi, ma non credo ti farà male mangiare qualcosa.»
Elsa appoggiò il diario, prese il pane e iniziò a mangiarlo.
«Non so chi siete, perché ci avete salvato, perché fate tutto questo per noi. Per me sarete sempre i due angeli che ci hanno ridato la libertà.»
«Forse Giacomo potrebbe essere anche un angelo ma io mi sento più vicina ad un demone, uccido, rubo, vado per la mia strada e non mi fa alcun effetto. Non travisare le mie parole, ma se fosse stato per me sareste ancora incatenati. Sono contenta che lui vi abbia salvati, mi ha reso felice.»
«Se è così, forse, sta salvando anche te».
Le due si scambiarono un tenero sorriso.

CAPITOLO 08

Quel raro momento di gioia fu interrotto dalla voce di un uomo:
«Non pensavate forse di scappare con i nostri domestici e con i nostri soldi come se nulla fosse»
Calò il silenzio, li avevano trovati. Elsa, Giacomo e la famiglia erano circondati da almeno trenta uomini, uno si avvicinò a loro:
«Riconosco che mi avete fatto un grosso favore a far fuori Zanu, era da un pò che non lo sopportavamo più e stavamo cercando il modo di liberarcene, quindi in qualche modo vi sono riconoscente. Tuttavia avete sottratto una certa catenina, un diario, un bel pò di soldi e anche i nostri domestici quindi ora ci riconsegnate tutto e venite con noi all’accampamento dove potremo discutere, da gentil uomini, come ci ripagherete».
Erano tutti terrorizzati tranne Elsa che cercava di tenere a bada la collera, trenta persone erano troppe anche per lei, non era certa di cavarsela e poi non doveva farsi sopraffare altrimenti sarebbero morti tutti, anche i suoi amici.
In quel mentre giunsero dei soldati, il comandante prese parola:
«Cosa ci fate voi qui? Conoscete gli accordi! Dov’è il vostro capo?»
«Il nostro capo è, diciamo, un pò morto .. a causa di quella ragazzina. Ci hanno derubato e sono scappati.».
Il generale annui, Elsa estrasse dalla tasca un foglio e tese il braccio con il foglio in direzione del comandante.
«Comandante, questo è un lasciapassare firmato dal Generale Franco in persona, arresti questi uomini, sono dei criminali».
Il comandante prese il foglio, lo lesse con attenzione, lo ripiegò e se lo mise in tasca
«Non so chi tu sia ma certamente questo documento lo hai rubato»,
poi rivolgendosi ai banditi,
«Vinicio, immagino sia tu ora il capo, complimenti per la promozione, nei prossimi giorni passa a trovarmi… da solo! Ora vattene da qui e porta via questa gente, non ti azzardare a lasciare neanche mezzo cadavere prima del confine.»
«Ahaahahh agli ordini generale»
disse Vinicio con tono beffardo, poi ordinò ai suoi uomini di legare i prigionieri e perquisirli. Trovarono tutto, tranne il medaglione, dovettero tirare un pò di schiaffoni ad Elsa e Giacomo prima che lei confidasse di averlo nascosto, assieme a qualche moneta, in una casa sul sentiero.
Elsa, Giacomo e la famiglia erano legati, stavano camminando tra i boschi controllati a vista dai soldati e dai briganti. Giunsero ad una diramazione sul sentiero, i soldati si fermarono e tornarono indietro mentre i briganti proseguirono con i loro prigionieri.
Durante il cammino Elsa indicò una casa diroccata:
«E’ quella!»
Vinicio non si fidava di quella ragazza, aveva visto di cos’era capace, certo ora era legata, era pieno giorno e non si sarebbero fatti cogliere di sorpresa. Così mandò sette uomini con lei nella casa a recuperare il maltolto. Mentre camminava con la testa bassa Elsa fece un sorriso a Giacomo e sussurrò
«scappa, salvali e non tornare indietro»
poi sparì dentro la casa. Ci fu silenzio per un paio di minuti, Vinicio spazientito si diresse verso la casa, si fermò sull’uscio e gridò ai suoi uomini di raggiungerlo. Elsa uscì dalla porta ricoperta di sangue, e si scagliò contro il primo dei banditi strappandogli la carotide con un morso.
Tutti i banditi a quel punto misero mano alle spade e si scagliarono contro Elsa. Lei ne uccise brutalmente ancora due e poi fuggì nel bosco braccata da quegli uomini. Giacomo osservò la scena esterrefatto fin quando fu strattonato dal padre della famiglia che nel frattempo si era liberato
«Presto, andiamo! Si è sacrificata per noi, non c’è più nulla da fare»
e così si liberano dalle corde e scapparono di nuovo verso il villaggio.
Elsa e i briganti si inseguivano e si attaccavano a vicenda tra le betulle e i castagni. Non si sapeva più chi dava la caccia a chi. Era di nuovo una carneficina, come quella di una notte di dieci anni prima.
Elsa aveva appena trafitto l’ultimo dei briganti quando sentì un forte dolore alla testa, cadde a terra. Era inerme, ma non del tutto priva di sensi. La stavano legando di nuovo, molto più stretta di prima, con molte più corde. Era finita, si lasciò andare e cadde in un sonno profondo.
Quando riaprì gli occhi si ritrovò sdraiata su una specie di letto, mani e piedi incatenati al muro con 4 diverse catene. Era chiusa in una piccola stanza di pietra senza finestre con solo due candele accese a illuminare la stanza. La porta era di metallo, sembrava molto spessa, non aveva aperture, solo una piccola finestrella apribile dall’esterno. Rimase un pò in silenzio, cercò di divincolarsi ma le catene le impedivano anche il più piccolo movimento. Si mise ad urlare, poi si calmò e iniziò a respirare profondamente.
La porta si aprì molto lentamente ed entrarono due uomini, entrambi tenevano una lancia puntata verso di lei, non sembrano avere buone intenzioni, la osservavano, lei cercava di mantenere la calma.
Entrò poi un altro uomo, non riusciva a vederlo bene ma capiva che la stava studiando attentamente, le sfiorò una mano delicatamente, le toccò la testa nel punto dov’era stata colpita. Elsa scostò la testa d’istinto, provò un leggero dolore ma cercò di rimanere calma, poi senti l’uomo uscire dalla porta in silenzio, i due uomini con la spada uscirono dietro di lui, senza però chiudere la porta ed Elsa sentì urlare:
«Chiamatelo!»
e poi si riaddormentò.

CAPITOLO 09

Elsa riaprì di nuovo gli occhi, stavolta era in un letto, in una stanza semplice ma almeno non aveva l’aria di una prigione, Giacomo le stava tenendo la mano e sorrideva:
«Ben svegliata».
«Giacomo, cos’è successo, ero nella foresta, stavo lottando con quegli uomini, poi mi sono svegliata nella cella di una prigione, poi mi sono svegliata qui ... aiutami, cosa è successo?».
Giacomo mostrò ad Elsa la collanina rubata a Zanù:
«Questa l’hanno trovata i frati che ci ospitano. Era nascosta nel tacco della tua scarpa, è davvero così importante questo maledetto Mercato, così importante da rischiare la vita tre volte in una notte?»
Elsa si fece più seria del solito e si assicurò che non ci fosse nessun altro intorno che potesse sentirla, si mise comoda su una sedia e dopo qualche istanze iniziò a parlare con un tono molto serio:
«E’ un pò complesso da spiegare per me, cercherò di semplificare al massimo, tu non interrompere e non fare domande fino a che ho finito. Il mondo, o meglio tutto ciò che c’è nel mondo, cose come l’acqua, il legno, le pietre, l’erba, è costituito da elementi base combinati tra di loro. Ad esempio l’acqua, la semplice acqua che trovi nei fiumi o che cade dal cielo nei giorni di pioggia è composta da due sostanze differenti, due gas uniti tra di loro. Se tu avessi la possibilità di prendere la più minuscola particella di acqua che puoi immaginare e ti potessi rimpicciolire fino a diventare grande come lei, guardandola, scopriresti che è fatta da due sostanze che restano tra di loro attaccate in qualche modo. Per adesso sono state individuate un centinaio di sostanze ma si pensa siano molte di più. Alchimisti, maghi, druidi e tutti gli uomini di scienza studiano queste sostanze, cecano di scoprire come si mescolano, come si dividono, com’è possibile sfruttare questi meccanismi per trasformare sostanze poco pregiate in sostanze pregiate. Il sogno di tutti è trasformare la pietra in oro, ma immagina solo di poter scindere l’acqua in due sostanze leggerissime e poi rimetterle assieme per formare l’acqua, si potrebbero trasportare milioni di litri d’acqua con un semplice carretto. Tutto questo va sotto il nome di scienza, anche se per qualcuno è magia, il confine tra le due cose ultimamente è molto labile. Se dovessi darti la mia definizione ti direi che la scienza è quella cosa che cerca di rendere la magia reale e alla portata degli uomini, è quella cosa che permette ad una fantasia di diventare realtà. Prendi ad esempio il telescopio che usano i generali per osservare i nemici a distanza, per noi è un oggetto normale, sappiamo che esiste, più o meno sappiamo come è fatto e come funziona, sappiamo che non ha nulla di magico nel suo funzionamento. Pensa di prendere quel telescopio e senza dire una parola darlo in mano al nonno del nonno di tuo nonno, nel momento stesso in cui osserva dal lato giusto e vede qualcosa di lontano molto vicino penserebbe ad un oggetto incantato, ad un sortilegio, un artefatto degli dei o qualcosa di simile. Questo succede perché la sua testa, le sue conoscenze, i suoi pensieri non sono in grado neanche lontanamente di capire i meccanismi che regolano il funzionamento di quel tubo ingranditore. Tra centinaia di anni le scienze avranno fatto talmente tanti progressi che ci saranno degli strumenti talmente fantastici che noi adesso non siamo neanche in grado di immaginare. Le chiromanti dicono di saper leggere il futuro e quando ci azzeccano non possiamo far altro che pensare a dei poteri soprannaturali, magari tra mille anni qualcuno costruirà un telescopio che anziché avvicinare ciò che è fisicamente distante avvicinerà ciò che è temporalmente distante e sarà un oggetto scientifico, non magico … tuttavia esistono delle cose che non siamo ancora in grado di spiegare, cose orribili, mostruose e sono cose che dobbiamo tenere sotto controllo. Chiunque vi entri in contatto ha due opzioni, impazzire o unirsi a chi vuole comprendere, controllare e proteggere i suoi simili. Quello che è successo a me fu la causa della morte di mia madre e di tutti quegli uomini. Quella sera giunsero da noi ventidue soldati di un importante ordine cavalleresco, i soldati migliori che potessero esistere. In ventidue per tener bloccato un solo prigioniero. Lo stavano portando in qualche prigione ma le catene con cui lo tenevano si stavano rompendo, così si fermarono da noi per comprarne di nuove. Ad un certo punto quell’uomo si liberò e mi morse, ricordo solo di essermi svegliata ed erano tutti morti, solo mio padre era vivo ma mi guardava terrorizzato. Arrivarono altri soldati, studiosi, maestri, monaci. Io ero ancora una bambina non capivo, ma avevo ancora il tempo di crescere dalla mia parte. La mia mente era libera e il mio animo non era corrotto, così imparai a controllare il demone che era entrato in me con quel morso. Per precauzione fu comunque deciso che non era il caso che uscissi. A casa mia ho una stanza che si può aprire solo dall’esterno e ogni volta che sentivo quella cosa risvegliarsi mi rinchiudevo, poi appena tornavo in me qualcuno mi liberava. Ora dopo tutti questi anni posso attingere a quella forza, posso sfruttarla a mio piacimento ma devo stare attenta perché se dovessi superare anche di pochissimo la soglia ne perderei il controllo e in quel caso è meglio non essere in zona.»

CAPITOLO 10

Giacomo aveva ascoltato in silenzio, quando Elsa finì di parlare andò verso la porta e raccolse una borsa da terra, tirò fuori il taccuino sottratto nella baracca e lo porse ad Elsa
«Ti ho colpito io nella foresta, quando sono stato certo che tutti erano al sicuro sono tornato a cercarti, non ho pensato troppo e ti ho colpito alle spalle, dei banditi non c’era più traccia e tu eri fuori di testa, in quello stato saresti arrivata in paese e non oso immaginare cosa sarebbe successo. Poi ti ho portato qui, nel convento dove si trova quel mio parente parroco di cui ti ho parlato, qui siamo al sicuro»
Elsa si stava controllando le ferite poi si alzo di scatto:
«Che fine hanno fatto gli altri?»
«Non ti preoccupare, stanno bene, sono partiti due giorni fa per un posto molto lontano da qui dove potranno rifarsi una vita.»
«Come due giorni fa? Da quanto sono qui?»
«Cinque giorni con oggi, ma aspetta prima di dar di matto, mi annoiavo e intanto ho studiato gli appunti di Zanu, il mercato fra tre giorni sarà qui vicino, a fianco di una spiaggia sul lago e immagino non ci sarà modo di non fartici andare»
«Ascoltami Giacomo, hai già fatto troppo, ora devo proseguire da sola, non puoi accompagnarmi là, ho tre giorni di tempo per riprendermi… ecco qui il medaglione, il diario e il mio pugnale… il mio pugnale, dov’è il mio pugnale?»
«Eccolo, non ti agitare! I frati hanno ritenuto opportuno disarmati. Se vuoi che non venga finisci di spiegarmi cosa c’entra con te questo Mercato dei Dissennati e poi deciderò se accompagnarti o meno.»
«La faccio semplice! Il Mercato dei Dissennati non è solo un posto dove concludere affari sporchi e fare compravendita di cose vietate, è un’organizzazione criminale fatta da uomini e demoni che ha come scopo qualsiasi nefandezza si possa compiere. Il loro capo ha un demone al suo interno, proprio come me, però è in possesso di un amuleto che gli consente di tenerlo sotto controllo, io ci riesco con la forza di volontà ma non sempre è possibile, per cui ho intenzione di entrare là dentro con il lasciapassare di Zanu, dicendo che l’ho ammazzato e che intendo prendere il suo posto nel controllo del territorio. Poi voglio incontrare il signor Moni, il capo della baracca, farmi spiegare come funziona l’amuleto, ammazzarlo, magari ammazzare qualche altro demone, poi prendere l’amuleto, ammazzare altri demoni, bermi la leggendaria birra maledetta dei demoni e infine andarmene sorridendo recando in mano un mazzolin di rose e viole, capito perchè non puoi venire?»
«No, non lo capisco, spiegami»
rispose Giacomo aggrottando le sopracciglia.
«Tu sei un tipo da vino non da birra, ti farebbe schifo quella bevanda»
Scoppiarono a ridere come il primo giorno alla locanda, era una risata che serviva per trovare un punto d’incontro, stemperare la tensione, dimenticare gli eventi dei giorni precedenti e preparasi al prossimo futuro.
Passarono così tre giorni, il sole stava per sorgere, Elsa si era ripresa completamente ed ora era pronta per affrontare il suo destino. Sarebbe voluta partire di nascosto ma sarebbe stato inutile, Giacomo sapeva esattamente dove trovarla per cui decise di andare a salutarlo, lo trovò al tavolo della cucina.
«Ciao Giacomo, io stò andando, finora hai fatto di testa tua ma ti prego, lasciami andare sola questa volta»
«Va bene, ma se entro mezzanotte non torni vengo a cercarti»,
ci fu un attimo di silenzio, poi Elsa corse ad abbracciare Giacomo e gli sussurrò all’orecchio:
«Grazie di tutto».
Meno di un’ora dopo Elsa era nascosta su un albero ed osservava il famoso Mercato dei Dissennati, sembrava un posto tranquillo, un’atmosfera gitana, persone di tutti i tipi che andavano e venivano. All’esterno era un semplice mercato e si potevano trovare in vendita generi alimentari, stoviglie e cose simili, poi man mano ci si addentrava verso il centro le cose si facevano più losche fino alla tenda centrale, una tenda color porpora dove il limite di ciò che potevi scambiare era oltre ciò che si può immaginare.
Quella tenda era l’obiettivo di Elsa e così scese dall’albero e si indirizzò al mercato.
Camminata spavalda, sguardo fisso in avanti e nessuna distrazione fino all’ obbiettivo, chiunque l’avesse vista doveva pensare che era una abituata a frequentare quel luogo. Elsa si stupì di essere arrivata davanti alla tenda color porpora senza problemi, senza distrazioni, senza che nessuno le chiedesse nulla, qualcuno si era girato a guardarla ma forse più perché era una bella ragazza che per qualche sospetto.
Davanti alla tenda non ebbe esitazione, stava per spostare il telo che fungeva da porta quando una voce da dietro la fermò
«Dove credi di andare bellezza?…»,
Elsa si girò, davanti a lei c’era proprio Moni che la osservava incuriosito
«… normalmente non disdegno la visita di una bella ragazza, ma sai che ti stai per cacciare in un bel guaio?».
Per la prima volta da quella lontana notte in cui tutto era iniziato Elsa ebbe paura, ma la mascherò bene:
«Tu devi essere Moni, cercavo giusto te. Il mio nome è Elsa e diciamo che ho raccolto l’eredita di Zanu»
e dicendo questo lanciò a Moni il medaglione rubato al brigante.

CAPITOLO 11

Moni era enorme, la pelle chiarissima ma allo sesso tempo sembrava emanasse una luce scura, i capelli neri raccolti in una lunga coda. Dopo aver afferrato il medaglione, lo osservò per un istante e lo rilanciò ad Elsa che lo indossò per la prima volta:
«Mettilo pure, è tuo. Mi è giunta voce che quel tizio ha fatto una brutta fine ma non mi aspettavo di vedere una ragazzina pelle e ossa reclamare il suo posto»
poi Moni iniziò a camminare verso Elsa, le passò accanto senza toglierle gli occhi di dosso, la oltrepassò ed entrò nella tenda, pochi minuti dopo uscì con un calice di birra, ne bevve un abbondante sorso e passò il calice ad Elsa:
«Questa è una birra particolare, se sei degna di essere dei nostri non ti succederà nulla ma se non lo sei ed hai un animo puro o cose del genere potresti morire tra atroci sofferenze bevendola».
Elsa non esitò un secondo, portò il calice alla bocca e bevve un gran sorso di birra, non le fece nulla. Moni aveva un espressione davvero stupita, tutti intorno osservano Elsa allibiti e lei capì che era successo qualcosa di anomalo.
«Ragazzina, questa è la birra demoniaca, ti corrode l’anima da dentro e ti lega al mondo dei demoni, dopo anni che la bevi ottieni anche qualche potere demoniaco e ti posso assicurare che chiunque la beve per la prima volta passa almeno mezza giornata a contorcersi a terra in preda a spasmi di dolore. Vedi il tizio là in fondo con la giacca viola? Sono anni che la beve e ancora adesso bevendo un solo goccio si piega su se stesso come un ramoscello rotto. Solo un demone potrebbe bere questa roba come fosse acqua, chi sei?»
e nel dire questa frase si tolse un medaglione che portava al collo, afferrò un coltello e si scagliò contro Elsa. Nel frattempo alcuni uomini lì presenti afferrarono spade o pugnali, mentre altri si dileguarono velocemente. Era stato tutto talmente veloce che Elsa si accorse della lama che stava per trafiggerla quando era solo a pochi centimetri dal suo viso, si spostò velocemente ma non abbastanza e così la lama le fece un profondo taglio sulla spalla destra.
Cercò di attivare il demone dentro di lei ma non riusciva, la birra doveva averle fatto qualcosa e così, mentre Moni continuava ad attaccarla, lei non faceva altro che spostarsi cercando di evitare i colpi. Intorno a loro erano tutti armati e ormai Elsa sapeva di essere spacciata, senza il suo potere non sarebbe sfuggita per molto tempo a quegli attacchi. Era terrorizzata, non sapeva che fare, la sua spavalderia in quel momento era assolutamente inutile.
Un uomo la afferrò da dietro, le mise il coltello alla gola e le morse un orecchio, mordendo l’orecchio però le disse:
«Togli il medaglione»
e la spinse verso Moni. Elsa non sapeva più che fare e così si strappò il medaglione e lo lanciò a terra. In quello stesso momento sentì un fuoco fatto di rabbia e violenza arderle da dentro e diffondersi in tutto il suo corpo, Moni era di fronte a lei aveva afferrato una spada e stava per trafiggerla con un colpo frontale diretto all’addome, Elsa si spostò leggermente a sinistra quel tanto che bastava per evitare il colpo, con una lucidità demoniaca osservò il suo rivale scivolarle accanto e lo colpì con una gomitata alla testa.
Moni cadde a terra ma si rialzò subito e riattaccò Elsa con molta più violenza, di nuovo un fendente calato dall’alto stava per dividerle la testa in due, ma lei guardò la lama arrivare con tranquillità e si spostò all’ultimo secondo colpendo Moni con una ginocchiata, stavolta Moni non fece in tempo a cadere per terra che sentì di essere colpito da calci e pugni in una sequenza che gli parve infinita, poi si accasciò al suolo esanime. Elsa a quel punto afferrò la spada di Moni da terra e stava per chiudere il combattimento, quando si sentì di nuovo calma, qualcuno le stava premendo qualcosa contro la schiena.
Si girò piano e lo stesso uomo incappucciato che le aveva detto di togliere il medaglione adesso glielo stava premendo contro la schiena, sotto il cappuccio si vedeva un’espressione impaurita ma al contempo fermezza, fu lui a parlare:
«Scusa per il morso ma era necessario, mettiti questo e poi seguimi, è possibile che dovremo tagliare qualche testa durante la fuga ma tu non toglierti questo medaglione dal collo, mai».
Intorno ai due si era creato molto spazio ma erano circondati, Moni era a terra a due passi da loro, l’uomo incappucciato si lanciò di corsa in direzione della tenda, Elsa lo seguì, riuscirono ad entrare nella tenda prima che gli altri uomini capirono di doverli fermare e così i due fuggiaschi riuscirono a fare un taglio sul retro della tenda e darsi alla fuga tra le bancarelle. Uscirono velocemente dal mercato.
Elsa seguiva quell’uomo che pareva le avesse salvato la vita, ma non sapeva se fidarsi o meno. Arrivarono ad un pontile, l’uomo saltò su una barca:
«presto, slega la cima e sali!»
Elsa obbedì senza fiatare, ma con la mano si accertò di avere ancora il pugnale legato alla cintura. L’uomo iniziò a remare velocemente verso il centro del lago, presto arrivarono i loro inseguitori sulla riva ma ormai erano abbastanza distanti perchè potessero raggiungerli a nuoto e non c’erano altre barche pronte a partire. Elsa guardava la spiaggia e ad un certo punto vide Moni farsi largo tra i briganti, poi si voltò verso l’uomo incappucciato.

CAPITOLO 12

«Immagino di doverti la vita… grazie»
Elsa pronunciò queste parole mentre scrutava la riva allontanarsi alla sue spalle. L’uomo sfilò il cappuccio rivelando un viso inaspettatamente simpatico, aveva su per giù una quarantina di anni, e corti capelli castani:
«Beh a questo punto meglio che mi presenti, sono Joseph e appartengo ai protettori della lama azzurra e immagino tu sia la figlia di Oliviero»
«Conosci mio padre? Si sono io, indovinato, mi chiamo Elsa, volevo capire come Moni tenesse sotto controllo il demone interiore. Tu invece che ci fai qui ?»
«Io sono, o meglio ero, un infiltrato dalla lama azzurra, ero qui per raccogliere informazioni e inviarle al quartier generale, quando ti ho visto arrivare ho intuito che eri un personaggio particolare, ma quando hai bevuto quella birra senza battere ciglio ho capito subito chi eri, sai non ci sono molte signorine che se ne vanno in giro con un demone in corpo e ti dirò di più, il pugnale che continui a toccare te l’ho regalato io quando eri una bambina. Ora però hai combinato un bel casino e tutto sommato ci voleva, era tutto troppo piatto, una bella scossa generale per muovere gli eventi e tornare all’azione era quello di cui avevo bisogno»
«Non capisco!»
«Moni non ha nessun demone in corpo, è tutto merito di quella birra, che poi la birra in sé non ha nulla di particolare, è che ci aggiungono delle gocce di sangue di demone e a furia di berla corrode l’animo, dona poteri demoniaci. Mini e altri due suoi simili hanno catturato un demone e lo tengono imprigionato da qualche parte, lo usano come distilleria personale. Devi sapere che i demoni non hanno grandi poteri, a meno che non riescano ad entrare nel corpo di un essere umano. Vengono da un altro mondo e il loro corpo qui non ha particolari capacità, ma se mordono qualcuno ed entrano nel corpo di chi è nato in questo mondo, allora si che diventano veramente potenti, e fortunatamente pare che neanche i demoni siano a conoscenza di questa cosa. Quell’amuleto che porti al collo è fatto di un materiale che sopisce il demone, finché lo tieni al collo il demone resta dormiente. Ci sono tanti di questi amuleti, Moni li consegna ai suoi seguaci dopo il primo sorso di birra, questi gli giurano fedeltà e tornano spesso ad aumentare i loro poteri al Mercato dei Dissennati. Moni ovviamene si accerta che nessuno lo superi in potenza, ma tu ragazza lo hai conciato per le feste»
«Quindi sono giorni che giro con l’amuleto che cercavo tra le mani e non lo sapevo, e la lama azzurra sapeva e non mi ha detto nulla!»
«E’ diventato un ordine un pò strano, pieno di politicanti. affaristi e gentaglia simile e per quelle persone le informazioni valgono oro e più sono segrete più valgono! Tuttavia la maggior parte delle persone dell’ordine è intenta a sconfiggere demoni e sono ancora legati ai principi fondanti del nostro ordine. Con quello che hai combinato saresti nei casini, ma non mi risulta che tu faccia ufficialmente parte dell’ordine, quindi penso tu possa fare quel che vuoi…»
Un sorriso compiaciuto illuminò il volto di Joseph e continuò
«… ora devi scappare, nasconderti e far perdere le tue tracce, meglio far credere a tutti che tu sia morta!»
«E Giacomo? E mio padre?»
«A tuo padre penso io, lo conosco bene, gli racconterò la verità accertandomi che la tenga per se! All’ordine manderò un resoconto dettagliato dei fatti, dicendo che dopo averti salvata ti sei tuffata in acqua e sei tornata indietro decisa ad eliminare Moni e i suoi, dirò che non ho potuto far nulla per fermarti e penseranno che sei annegata. Sai, non dirlo in giro, ma suppongo che l’ordine abbia qualche altro infiltrato qui. Per quanto riguarda Giacomo invece non so chi sia»
«E’ il mi ragazzo, cioè non proprio il mio ragazzo, è più un amico! Lascia perdere, è in viaggio con me, mi aspetta a quel convento…» e indicò il convento che si trovava su un’altura affacciata sul lago «… se non mi vede tornare entro sera verrà a cercarmi al Mercato!»
«Ok, allora andiamo al convento, io scendo e avviso questo Giacomo! Tu prosegui verso questo posto…» e dicendo questo Joseph diede un foglio spiegazzato con delle indicazioni per raggiungere una vecchia basilica al centro della capitale «… io e alcuni amici della lama azzurra abbiamo una seconda sede non ufficiale vicino alla sede principale, lì sarai al sicuro, li avviserò io che stai per arrivare, non arrivare prima di due giorni. Tu non parlare con nessuno, viaggia di notte, non togliere il medaglione, non farti notare. Eccoti un pò di soldi, comprati qualche vestito, del cibo e sparisci, ti raggiungerò lì tra qualche giorno».
Elsa rifiutò i soldi mostrando che ne aveva già un sacchetto ben colmo.
«E per Giacomo?»
«Se ti fidi di lui gli racconto tutto, lo faccio tornare alla sua vita normale e tra un annetto, quando le acque si saranno calmate e nessuno ti cercherà più, troveremo il modo di farvi rincontrare da qualche parte! A proposito, c’è qualcosa in particolare che posso dirgli per fargli capire che non mento?»
«Digli solo che il suo vino fa schifo, capirà!»

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