LA LOCANDA FANTASMA NELLE ACQUE DEL SEBINO IL MERCATO DEI DISSENNATI

Prologo

"Quando il bianco velo si alza dalle acque del lago la misteriosa Locanda fa il suo ingresso. Fuggite barcaioli e marinai, non sfidate la sorte.
Dalle profonde acque emerge un luogo maledetto. Anime condannate vi tenteranno, vi sedurranno fino a farvi entrare nel loro cerchio.
Volgete lo sguardo a riva, remate più forte, prima che il bianco fumo vi avvolga l’anima e se la prenda per sempre.
La notte dei morti non vi porterà quel che desiderate, barcaioli e marinai festeggiate, pregate, ballate ma tenetevi lontani dalla dolce promessa che vi è stata fatta.
Barcaioli e marinai non toccate la barca degli spettri, non bevete dai suoi calici, non gioite delle sue musiche. La locanda conosce quel che più vi tenta e farà di tutto per darvelo.”

CAPITOLO 01

Antonio, detto Tone, era un pastore e un pescatore. Viveva sul lago Sebino, proprio nel punto più vicino alla grande isola. Aveva vent’anni e ogni giorno da quando aveva tredici anni la mattina si alzava, saliva sulla sua barchetta, attraversava il lago fino a giungere dagli zii che vivevano sull’isola. Durante la traversata buttava sempre una rete, se rimaneva incastrato qualche pesce lo portava in dono ai suoi zii per il pranzo. Gli zii di Tone gestivano un piccolo allevamento di vacche e maiali. Tone ogni mattina arrivava al porticciolo, attraccava e portava le mucche al pascolo, aiutava lo zio ad accudirle. Solitamente si tratteneva fino all’ora di pranzo e poi rientrava a casa «..sulla Terra ferma».

Durante il pomeriggio, prima di rientrare a casa, faceva sempre un giro a controllare le reti che aveva piazzato in alcuni posti che aveva scoperto negli anni e dove era sicuro che qualcosa la prendeva sempre. Ogni giorno trovava qualche pesce o anguilla e prima di sera li aveva venduti tutti alle taverne della zona, a qualche concittadino benestante, al parroco o nella peggiore delle ipotesi se li mangiava lui.

Era un ventenne in perfetta forma, non era ricco ma, rispetto a molti dei suoi compaesani, era decisamente fortunato, aveva sempre buon cibo a disposizione, viveva nella casa di famiglia con la madre, un lavoro stabile dagli zii e un secondo lavoro con la vendita del pesce. Era ben voluto da tutti e non si era mai tirato indietro dall’aiutare chi aveva bisogno. Si può dire che per quel tempo e per la sua estrazione sociale vivesse la miglior vita che si potesse desiderare.

La pesca, a quel tempo, era diffusissima sul lago, era sempre stata una fonte di sostentamento per molti ma nascondeva delle infide insidie. Ogni tanto sull’acqua si formavano dei mulinelli, a volte piccoli, a volte in grado di trascinare le piccole imbarcazioni sul fondo. Chi era nato sul lago aveva sviluppato un sesto senso ed era in grado di percepire questi mulinelli poco prima che diventassero pericolosi. Non era una magia o qualcosa di misterioso, semplice esperienza. Le increspature che si iniziavano a formare sull’acqua, i pesci che scappavano, alcune bolle che salivano dal fondo, piccoli impercettibili rumori di pietre che cadevano sott’acqua, questi erano solo alcuni dei segni che i pescatori della zona sapevano interpretare bene, non appena ne percepivano uno si allontanavano molto velocemente. Durante la notte pochissimi osavano inoltrarsi nel lago, sia per la paura di non scorgere i mulinelli, sia per la paura di incontrare qualche brigante che approfittava della notte per rapinare i poveri pescatori. Nessuno conosceva l’origine di quei mulinelli, c’era chi sosteneva si trattasse di un antico mostro adagiato sul fondo del lago che spalancava le fauci e chi pensava a delle specie di donne pesce che trascinavano gli uomini sul fondo per divorarli.

Tra un bicchiere di vino bianco e una mano a briscola la sera ognuno raccontava il suo aneddoto su questi terribili mulinelli e ogni volta il racconto assumeva connotati sempre più pittoreschi. Fatto stà che nessuno credeva a queste storie, forse neanche gli stessi che le raccontavano. Quei mulinelli però erano reali e la sera in taverna per stare un pò in compagnia di qualcosa si doveva pur parlare, visto che nessuno conosceva la verità si faceva un pò a gara a chi trovava la spiegazione migliore.

C’era solo un uomo convinto della sua teoria, un Vecchio pazzo che viveva su, a nord del lago. Ogni tanto si faceva vedere anche dalla parti di Tone, girava per taverne a scroccare un calice di vino o qualcosa da mangiare. Tutti lo conoscevano e gli offrivano da bere volentieri, era pazzo ma tutto sommato metteva una certa allegria, quando era arzillo al punto giusto iniziava i suoi racconti sui misteri del lago. Bisogna dire che quel Vecchio ci credeva davvero in quel che raccontava e quando aveva bevuto abbastanza era parecchio divertente da ascoltare.

Un giorno in cui Tone era presente ad una delle serate del Vecchio, lo sentì raccontare una storia in merito ad una Locanda che appariva tra le acque durante le notti di nebbia. Ricordava soprattutto la battuta che fece l’oste al Vecchio: «Se c’è una persona che può scovare una locanda invisibile sul lago dove farsi offrire da bere quello sei proprio tu» e come al solito la serata finì tra le risate generali e le smorfie del Vecchio.

CAPITOLO 02

Sul finire dell’estate Tone, come al solito, era al lavoro dallo zio. Quel giorno si era fermato fino a sera per aiutare a far nascere un vitello. Era una serata fresca, senza luna, sul lago stava iniziando a formarsi la nebbia. «Sembra proprio una di quelle serate che piaccio tanto a quel Vecchio matto che gira per le taverne», pensò. Il buon senso avrebbe voluto che quella sera stesse a dormire dagli zii, capitava spesso, nessuno si sarebbe preoccupato, a casa la mamma sapeva che quel giorno erano impegnati con il parto del vitello e che probabilmente suo figlio non sarebbe rientrato.

Tone però voleva rientrare, quella sera Piera era di turno alla taverna del porto e lui la stava corteggiando da un pò, non voleva perdere l’occasione di incontrarla e scambiare qualche parola. Rimase fermo per un pò sulla sua barchetta prima di sciogliere le cime, aveva qualche piccolo timore. Da un lato la traversata era semplice, dieci, quindici minuti al massimo e la strada la conosceva come le sue tasche.

Il problema era proprio ben spiegato dalle sue tasche, che avevano un bel buco proprio nel mezzo. Se si apriva uno di quei mulinelli sul lago sarebbe stata dura venirne fuori, ma nella lotta tra il buon senso e le questioni di cuore raramente la spunta la ragione per cui Tone si fece forza da solo e decise di partire.

Un senso d’ansia lo pervase sin dalla prima remata, e così iniziò a remare con più foga del solito e nella testa non faceva altro che pregare, un pò per non pensare al peggio, un pò perché ogni piccolo aiuto in quella situazione era vitale. La nebbia nel frattempo era diventata davvero spessa, Tone aveva superato il senso di ansia e gli era rimasta solo la paura.

Un pò per la stanchezza, un pò per il timore di perdere la rotta aveva rallentato e ora stava procedendo attento ad ogni più piccolo rumore o segnale. Il lago avvolto in quella nube umida che offusca la vista e libera l'immaginazione era bellissimo. Chiunque trovandosi in quel luogo, in quel momento avrebbe avuto la sensazione di essere Caronte sullo Stige in attesa di un’anima da trasportare negli inferi ma mai penserebbe che le anime stavano realmente arrivando.

Si iniziò a sentire il leggero rumore di un’imbarcazione che si muoveva infrangendo l'acqua. Il rumore lasciava pensare ad un’imbarcazione grande, iniziò poi a sentirsi un leggero vociare di persone, tante persone, persone allegre, cantavano e pian piano iniziò a sentirsi anche una musica, una fisarmonica accompagnava quel canto. Ora nella nebbia iniziava anche a distinguersi un leggero bagliore, piccole luci tremolanti nel bianco.

Tone era tra lo sconcertato e l’allibito, pensava chi poteva essere quel pazzo che aveva deciso di dare una festa in barca con una serata del genere. Con un’imbarcazione del genere il rischio dei mulinelli era pressoché nullo, ma c’era seriamente il rischio di schiantarsi contro qualche scoglio, nessuno poteva navigare in quelle condizioni.

La barca era sempre più vicina, Tone poteva vederla, era strana, sembrava quasi una zattera enorme, certamente una qualche diavoleria del Conte. Se non altro non erano briganti! Man mano si avvicinava l’imbarcazione assumeva contorni sempre più definiti, Tone non aveva più dubbi era un’enorme zattera di tronchi con al centro una locanda. La zattera era circondata da una ringhiera fatta di pali e su ogni palo c’era una lanterna accesa. Tone era in uno stato di confusione assoluta, non riusciva neppure a pensare, il suo sguardo era fisso su quella strana cosa che gli si stava avvicinando. Poteva distinguere delle forme umane che cantavano e il musicista con una fisarmonica tra le braccia. Era tutto indubbiamente strano.

La locanda era all’incirca di forma quadrata, almeno venti metri di lato, costruita in legno, la porta mezza aperta, dalle finestre illuminate si intravedevano delle persone al bancone con dei boccali in mano. Sembrava una locanda normalissima in una serata qualunque, se non fosse stato per il fatto che stava navigando senza timone sul lago in piena notte e per giunta nel bel mezzo della nebbia.

Un pensiero si fece largo nella testa di Tone, «la Locanda del Vecchio esiste davvero». L’enorme zattera era ormai a pochissimi metri da Tone, quasi certamente l’avrebbe urtato, Tone era inerme, fermo, paralizzato. La locanda stava proseguendo il suo viaggio passando a pochissimi centimetri da Tone, poteva toccarla, stava per farlo. Una figura femminile, vestita di strani stracci intrecciati con delle alghe, si avvicinò al bordo della zattera, si sedette con i piedi che sporgevano dalla ringhiera e li mise in acqua.

Tone fissò negli occhi quella strana ragazza, i capelli erano lunghi, castani, la pelle chiara e gli occhi di un azzurro talmente chiaro che anche con la poca luce delle lanterne si riuscivano a distinguere. Tone stava per fare un cenno di saluto ma lei si portò il dito indice alla bocca e gli fece segno di stare in silenzio, appoggiò un piede sulla prua della barca di Tone e la spinse via. Mentre le due imbarcazioni si allontanavano Tone riuscì a vedere quella ragazza sfilarsi qualcosa dal collo e lanciarla verso di lui.

Tone era fermo con la mano ancora alzata, bloccato a metà del suo cenno di saluto e rimase così fino a quando la locanda fu completamente sparita. Le campane dal paese batterono dieci rintocchi. Tone riprese coscienza di sé stesso e iniziò a remare con una tale velocità che gli pareva di prendere il volo. Arrivò a riva, fece un balzo sul pontile, legò in qualche modo la sua barca e corse fino a casa.

CAPITOLO 03

Tone era rientrato in casa di fretta, la madre dormiva, si era lavato velocemente, cambiato di abiti ed era uscito di nuovo. La nebbia era ancora abbastanza fitta e Tone assorto nei suoi pensieri decise di non andare da Piera, sarebbe stato strano presentarsi a quell’orario e poi non era dell’animo adatto.

Riusciva a pensare solamente a quella locanda sul lago, doveva esserci una spiegazione e così raggiunse il porticciolo. Si sedette su una pietra e stette lì ad osservare la nebbia e il lago, sperando di trovare una risposta tra lo sciabordio delle onde. Alla fine si convinse che l’unica spiegazione plausibile era che si fosse addormentato. Aveva avuto una giornata stancante dagli zii, attraversando il lago in fretta si era stancato ancor di più. Poi si ricordava di essersi fermato ad ascoltare i rumori dell’acqua, quei rumori uniti alla stanchezza lo avevano fatto addormentare.

Questo spiegava perché era stato via così tanto tempo , la locanda era certamente un sogno, probabilmente le storie del Vecchio lo avevano impressionato più di quanto pensava. Il fatto di essersi addormentato spiegava anche perché ci aveva messo così tanto a rientrare. Restava comunque uno strano sogno, non ne aveva mai fatto uno del genere, ricordava tutto, ogni dettaglio, la nebbia, le luci, la zattera, la taverna, la ragazza.

C’era solo una pecca nel suo ragionamento, perché se si era addormentato tanto da sognare non si era risvegliato? Di solito quando si fa un sogno arriva un momento in cui ci si sveglia più o meno bruscamente e si realizza che ciò che era appena avvenuto non era reale ma si trattava appunto di un sogno. Nei pensieri di Tone l’assenza della fase del risveglio era l’unica cosa anomala di quella serata. Rientrò a casa e andò a dormire.

Il giorno dopo si svegliò ancora un pò stanco e frastornato ma cercò di riprendere la sua quotidianità. Per un paio di giorni cercò di lavorare e vivere come nulla fosse ma il pensiero di quella serata continuava a ronzargli nella testa. Non voleva parlare con nessuno di quell’avventura, non voleva essere preso per pazzo, ma aveva bisogno di una risposta.

Una delle sera seguenti a quella strana avventura Tone si trovava in taverna, era lì come al solito per bersi un bicchiere di vino, e fare due chiacchiere con Piera. Sperava di incontrare il Vecchio per offrirgli da bere e sentire di nuovo il racconto della locanda, ma fece un altro incontro.

Si presentò davanti a Tone un signore distinto: «Lei è Antonio?», Tone fece un cenno con il capo «L’Oste mi ha suggerito il suo nome per un lavoro, sono il Cartografo del regno, avrei bisogno di un barcaiolo che mi faccia visitare tutte le sponde del lago per poter aggiornare le mappe, dovrebbe essere un lavoro di tre o quattro giorni, ben pagato!»

Tone accettò di buon grado, dallo zio non c’era molto da fare in quei giorni, un pò di soldi extra fanno sempre comodo e inoltre circumnavigare tutto il lago, nel giro di pochi giorni gli avrebbe permesso di scoprire se quella locanda esisteva. Viaggiare al fianco di un emissario del Re gli avrebbe permesso di entrare in ogni insenatura privata, porticciolo o altro anfratto che non era normalmente accessibile. Si accordano e il giorno dopo partirono.

I primi due giorni prevedevano due semplici traversate da nord a sud del lago, e qualche attraversata da est ad ovest. Lo scopo del cartografo era prendere dei riferimenti. Nei seguenti tre giorni fecero visita a tutte le insenature e porticcioli del lago ma di quella locanda non se ne vide traccia, né della locanda né di un posto dove potesse essere nascosta.

Tone e il Cartografo in quei giorni entrarono in confidenza, il loro differente rango sociale non permetteva di definirli amici ma si può dire che erano in ottimi rapporti. Il Cartografo si dimostrava sinceramente interessato alla vita sul lago, faceva mille domande a Tone. A cose serviva questo? Cos’era quell’oggetto? Come fate a pescare con le reti? Chi costruisce le reti? e mille altre domande. Tone dal canto suo era ben felice di rispondere ed essere lui quello che insegnava ad un uomo di scienza.

Le misurazioni sull’acqua erano finite, il giorno dopo il Cartografo avrebbe iniziato a prendere le misure da terra, costeggiando il lago con il suo seguito e tutta la pesante attrezzatura che non poteva essere trasportata in barca. Il Cartografo invitò a cena Tone per saldare il suo debito e ringraziarlo. Lo scienziato consegno poi una busta a Tone: «In questa busta trovi il mio indirizzo e una lettera di referenze che puoi presentare direttamente al Re.

Se per caso vorrai un giorno trasferirti in città passa a trovarmi, abbiamo sempre bisogno di gente in gamba» fece una pausa e poi riprese «Tone devo proprio ringraziarti perché oltre ad aver svolto egregiamente il tuo lavoro mi sei stato di compagnia e mi hai permesso di conoscere tante cose che non sapevo. Mi è rimasto solo un dubbio, non mi sono mai azzardato a chiederlo perché pensavo fosse una cosa personale, sentiti quindi libero di non rispondermi».

Tone si aspettava una domanda su Piera, e invece il Cartografo lo sorprese: «Ho notato che la tua è l’unica barca che sulla prua ha una specie di collana, è un portafortuna?». Tone rimase un attimo senza parole poi disse al Cartografo che non sapeva di cosa stesse parlando. Terminò la serata e i due decisero di fare due passi fino al porticciolo per smaltire la cena e verificare se il portafortuna ci fosse o meno.

Giunti alla barca il Cartografo si diresse con passo sicuro verso la barca di Tone, Tone si sedette sulla solita pietra incuriosito.

CAPITOLO 04

Tone osservava incuriosito il suo nuovo amico che armeggiava sulla prua della sua barca. Era goffo, con una lanterna in una mano mentre cercava chissà che cosa. Il Cartografo ad un tratto fece un esclamazione compiaciuta «Eccola!» mentre si avvicinava a Tone tenendo in mano, ben in vista, una collana.

A Tone passò per la mente l’immagine di quella ragazza nella nebbia che lanciava qualcosa verso di lui, ora ripensando alla scena ricordava anche di aver sentito il suono di qualcosa che urtava leggermente la sua barca. La tensione del momento glielo aveva fatto dimenticare. Non appena l’amico giunse trionfante davanti a lui Tone esclamò «Ah quella!, me ne ero completamente dimenticato!». «Ebbene marinaio?», lo interruppe l’uomo di scienza, «quale mistero si cela dietro questo oggetto?». Tone dopo un minuto di esitazione «E’ un regalo, un amica del Conte, una tizia che fa gioielli!» «Bene, bene, bene… quindi le amiche del Conte ti fanno dei regali, chissà cosa ne penserebbe la ragazza della taverna, come si chiama? Piera se non ricordo male».

Tone rimase in silenzio poi si alzò, prese la collana dalle mani del Cartografo, fece due passi lasciandoselo alle spalle, si fermò e con tono cupo disse «Non credo potresti capire!» «Provaci amico mio, anche se ti conosco da poco sento che qualcosa ti turba e questa storia dell’amica del Conte non è credibile». Tone rimase ancora qualche secondo in silenzio poi iniziò: «Ti prego di non prendermi per pazzo, di non raccontare a nessuno quello che ti sto per dire e se ti è possibile dimenticatene presto.» Il Cartografo annuì e così Tone gli raccontò tutto, dal racconto del Vecchio, il parto del vitellino, la nebbia, la locanda maledetta, la ragazza dagli occhi azzurri e il lancio della collana.

Quando Tone ebbe finito il Cartografo si avvicinò a lui, prese la collana dalle mani di Tone e cercò di osservarla meglio sotto la luce di un lampione. Un cilindro di pochi centimetri, probabilmente fatto di alghe, all’interno del quale passava un filo di spago con qualche nodo, dieci nodi per la precisione, era una collana semplice, povera, sembrava più un giocattolo fatto da una bambina. Mentre restituiva la collana al proprietario disse: «Tone, se non avessi imparato a conoscerti bene in questi giorni, non avrei creduto ad una sola parola di quello che mi hai detto. Ora capisco anche perché ti sei dato da fare così tanto a cercare tutte quelle piccole insenature, cercavi la locanda galleggiante o un indizio. Per come la vedo io hai due possibilità in questo momento. La prima è far finta di nulla, butti via la collana, cerchi di dimenticare questa storia e inizia a sperare che un giorno non prenderai il posto del Vecchio. La seconda è prendere questa cosa che ti è capitata come la più grande possibilità della tua vita. Questo mondo è pieno di creature strane, di cose che non conosciamo. Siamo costantemente circondati dal mistero e facciamo finta che non esista. A te è stata data la possibilità di far luce su parte di questo mistero.» Tone con aria triste rispose con la domanda più semplice che si potesse fare «Si, ma come faccio a ritrovarla?»

«Sai Tone, vorrei proprio essere al posto tuo, ma quella ragazza ha dato a te la collana, e io credo voglia dire qualcosa. Domani mattina io parto, ma per qualche settimana o forse per un paio di mesi resterò qui intorno a fare i miei rilievi. Inizia la tua ricerca e quando avrai bisogno di parlare con qualcuno vieni da me» e se ne andò, battendo una mano sulla spalla di Tone.

Tone restò lì fermo per un pò a scrutare il lago e se stesso. Il Cartografo aveva ragione, se non avesse dato un senso a questa storia prima o poi sarebbe impazzito, qualcosa però gli diceva che anche trovare il modo di dimenticare e condurre una vita normale non sarebbe stato male. Aveva un bel pò di risparmi accantonati, poteva comprarsi una casa con un bel terreno, sposarsi con Piera, vivere abbastanza lontano dal lago e avvicinarcisi soltanto per la pesca nelle belle giornate. Gli zii avrebbero sicuramente capito.

Mentre questi pensieri attraversavano la mente di Tone si alzò un pò di nebbia leggera, una luce prese forma sul lago e si avvicinava lentamente al porto. Tone strabuzzò gli occhi, di nuovo, il lago, la nebbia, un imbarcazione che naviga verso di lui. La nebbia stava crescendo lentamente e la barca si stava avvicinando, Tone osservava ora la luce avvicinarsi con minor timore dell’ultima volta. Era a terra, era nel paese, bastava un piccolo urlo e sarebbero accorse decine di persone. Teneva in mano la collana, forse era un richiamo per quella strana locanda galleggiante. Tone si mosse lentamene verso le campane vicino al pontile, servivano per dare l’allarme e quale situazione era migliore di quella per dare un allarme. La luce si avvicinava e ora Tone poteva distinguere chiaramente la forma … di una barca.

Era un piccolo peschereccio di proprietà di un commerciante locale. Probabilmente avevano avuto qualche problema durante la pesca e stavano rientrando più tardi del solito. Tone emise un sospiro di sollievo, la tensione che aveva accumulato in quell’istante si sciolse in un brivido. Osservò i pescatori ormeggiare il peschereccio, scaricare il pescato e allontanarsi, ognuno in direzione della sua casa. Si fermò solo il capitano che fece un cenno di saluto e si sedette in attesa del carro che veniva a prelevare il pesce.

Tone capì che non poteva convivere con quel senso di ansia che si sarebbe ripresentato ogni volta che vedeva una luce nella nebbia.

CAPITOLO 05

Tone passò una notte tormentata da mille pensieri su quali sarebbero stati i prossimi passi da compiere. C’erano due problemi da gestire, il primo era come reincontrare la ragazza della locanda senza morire inghiottito dal lago, il secondo era come potersi dedicare a queste ricerche senza destare troppi sospetti nei suoi compaesani.

Il mattino seguente Tone raggiunse il Cartografo poco prima che lasciasse i suoi alloggi e gli chiese un favore: «Ho deciso di andare in fondo a questa storia ma ho bisogno di un piccolo aiuto, devo andare in giro a fare domande, raccogliere informazioni, fare delle ricerche e mi prenderebbero per pazzo, a meno che non dica che sto raccogliendo informazioni per conto tuo, per qualche ricerca sulle leggende locali che stai facendo, in questo modo avrei una copertura con i miei zii, nessuno si preoccuperebbe di quello che sto facendo e ogni tanto posso passare a trovarti per aggiornarti sugli sviluppi».

«Tone, sei veramente più scaltro di quello che mi sarei aspettato. Favore accordato, e ora vai e cerca tutte le informazioni di cui ho bisogno», rispose il Cartografo strizzando l’occhio. La prima tappa era la zona a nord del lago, Tone doveva incontrare il Vecchio e farsi dire tutto quello che sapeva. E così partì con la sua barchetta, raggiunse il porto più a nord del lago, attraccò e inizio a chiedere informazioni su dove trovare il Vecchio. Ben presto riuscì a raggiungerlo su un pontile del porto abbandonato, si sedette al suo fianco, lo salutò e gli spiegò la storia che stava raccogliendo informazioni su tutte le leggende del lago per via di una ricerca di palazzo.

Il Vecchio lo squadrò dalla testa ai piedi, poi indicò la collana che Tone portava al collo e disse: «Certo, come no, una ricerca di palazzo!», Tone rimase un pò sconcertato e il Vecchio continuò, «Senti amico, so che tutti mi considerano pazzo, e mi stà bene, immagino che tu non voglia fare la mia fine, e anche questo mi stà bene, però se vuoi che io ti aiuti nella tua ricerca non prendermi per i fondelli e dimmi la verità.». Tone cercò di parlare ma fu interrotto, «Non farò parola con nessuno del nostro discorso, ma se appena appena mi viene il sospetto che mi stai nascondendo qualcosa non saprai nulla da me, nulla che riguardi una locanda di balordi che si nasconde nella nebbia».

Tone annuì e raccontò tutto per filo e per segno al Vecchio cercando di non omettere nessun dettaglio. Il Vecchio ascoltava, annuiva ma non proferiva parola. Quando Tone finì, il Vecchio stette un attimo sulle sue a pensare poi con tono deciso disse: «Ora stai zitto e ascolta, questa storia non l’ho mai raccontata e non intendo ripetermi. La prima volta che vidi quella locanda avevo circa la tua età, a me però è andata meno bene, non ho incontrato una bella ragazza ma un brutto uomo, mi diede un ciondolo, qualcosa di simile a quella collana, mi disse che navigando sul lago durante la nebbia mi avrebbe portato alla locanda. Così fu, durante la nebbia uscivo nel lago, legavo il ciondolo alla prua e quando ero nella direzione giusta si illuminava. Navigavo fino alla locanda, chiacchieravo con quell’uomo, mi offriva sempre da bere del vino talmente buono che non ne ho mai trovato eguali, non mi fece mai salire a bordo, diceva che se fossi salito non sarei potuto scendere. Solo la notte dei morti si poteva scendere dalla barca, a patto che qualcun altro salisse a bordo per poi rifare lo scambio prima dell’alba. Diventammo amici, o almeno credevo, raccontai tutto a mio fratello, inizialmente non mi credette ma poi iniziai a portare anche lui ai nostri incontri. Il mio povero fratello desiderava dannatamente salire su quella locanda e così la notte dei morti venne fatto lo scambio. L’idea era di portare l’uomo della locanda sulla terra ferma, fargli vedere com’era il mondo fuori dalla nebbia e poi tornare a fare lo scambio. Non appena arrivammo nel porto, esattamente in questo punto dove siamo adesso, lui saltò giù dalla barca e si mise a correre. Io rimasi per un attimo spiazzato, ma poi capii cos’era successo. Avevo condannato mio fratello. Provai ad inseguirlo ma era troppo tardi, così presi la barca e tornai alla locanda. Raccontai tutto a mio fratello che si mise a ridere dicendo che erano tutte baggianate e che quel posto era fantastico, insistetti un pò e lui acconsentì a salire sulla mia barca per rientrare a casa, a patto che io gli cedessi il mio ciondolo. E così saltò in barca, ci dirigemmo verso la terra ferma ma non appena usciti dalla nebbia si aprì un mulinello, non uno dei soliti, ne uscì una specie di enorme serpente che azzannò mio fratello alla testa e lo trascinò nel lago. Tornai mille volte nella nebbia, qualche volta ritrovai anche la locanda ma di mio fratello non c’era traccia. Decisi di non andare più nel lago e di girare per tutte le locande alla ricerca di quel maledetto che mi ha ingannato, per fargliela pagare. Non so più neanche quanti anni sono passati da allora. Ragazzo, ascoltami bene, se tieni alla tua vita butta quella collana in acqua e dimenticati di tutta questa storia.»

Poi il Vecchio si girò e si rimise a pescare guardando verso l’orizzonte, era chiaro che non avrebbe detto più una parola su quella storia. Tone si pentì di aver giudicato il Vecchio un pazzo, era solo una persona con una storia difficile e forse il vino era l’unica cosa che zittiva per qualche istante i demoni che aveva dentro. Mentre parlava i suoi occhi erano diversi dal solito, erano gli occhi di chi aveva sofferto e perso tutto.

CAPITOLO 06

Dopo quell’incontro Tone, sulla sera di ritorno per casa, fece una tappa dal Cartografo per raccontargli tutto. Il Cartografo non parve stupito, raccontò a Tone che aveva già letto qualcosa di simile nei vecchi archivi di palazzo.

Rientrò poi a casa e proprio fuori dalla porta incontrò Piera, i due fecero una passeggiata. Parlarono per diverse ore, Tone raccontò dei suoi giorni con il Cartografo, disse qualcosina sulla leggenda del Vecchio senza entrare troppo nei dettagli. Poi Piera afferrò con due dita la collana che Tone portava al collo: «E questa?». Tone preso alla sprovvista disse la prima cosa che gli venne in mente: «Me l’ha regalata un’amica del Conte!», e Piera subito lo incalzò «E com’è che le amiche del Conte ti fanno dei regali?», «Ho incontrato un gruppo di amici del Conte in barca l’altro giorno e li ho aiutati a rientrare al porto, per ringraziarmi mi hanno regalato questa collana, non credo abbia un gran valore, ma mi piace».

Arrivarono sotto casa di Piera, si salutarono e lei gli diede un piccolo bacio sulla guancia. Tone, emozionato, rientrò a casa sua dimenticandosi per un attimo delle sue indagini. Arrivò la notte e con essa la nebbia, Tone notò che la collana emetteva un leggero bagliore, così, senza pensarci troppo, saltò sulla sua barca e si mise a remare verso il centro del lago.

La collana era agganciata alla prua e sembrava si comportasse come una bussola, a seconda della direzione presa dalla barca l’intensità della luce aumentava o diminuiva. Tone, ormai avvolto dalla nebbia, seguiva la direzione indicata dalla luce finché sentì di nuovo la musica, i canti, poi apparvero le luci e presto fu di nuovo al cospetto della locanda.

Seduta sul bordo c’era sempre quella ragazza, Tone si avvicinò. Fu lei a parlare, «Hey Forestiero, è un piacere rivederti!». Tone rimase basito dalla bellezza di quella ragazza, la prima sera gli era sfuggita, rispose un pò impacciato «Ciao, io sono Antonio ma puoi chiamarmi Tone». La Ragazza si mise a ridere, «Piacere Tone, il mio nome è… non è importante, puoi chiamarmi Nim, immagino che questa vecchia locanda ti sembri qualcosa di folle.»

«In effetti qualche perplessità me l’ha suscitata»

«Come prima cosa devo avvisarti di non toccare la zattera per nessun motivo, se la tocchi ne sarai terribilmente attratto e vorrai salire, e se salirai non potrai più scendere.»

Tone pensò di tacere in merito al discorso del Vecchio «E come è possibile?»

«Non lo so, funziona così! Se muori annegato nel lago ti svegli qui! E’ un bel posto tutto sommato, ci si diverte, giochiamo a carte, c’è vino, birra e da mangiare a volontà, nessuno si ammala e le giornate scorrono veloci. A volte però arriva un pò di malinconia. Siamo sempre in mezzo a questa nebbia e allora ci si mette sul bordo della barca e si spera di incontrare qualche Forestiero mezzo matto», Nim fece un sorriso che avrebbe ammaliato anche il più intrepido dei rubacuori.

Tone, rapito da quello sguardo e da quel sorriso disse «E così io sarei mezzo matto?»

«Beh tu come chiameresti uno che incontra una locanda fantasma in mezzo al lago di notte e torna pochi giorni dopo a cercarla?»

«Beh, in effetti», la interruppe Tone, lei continuò «Sai, una volta all’anno potremmo scendere da questa barca a patto che qualcuno salga al nostro posto e prima che sorga il sole dobbiamo rifare lo scambio. Qualche anno fa, prima che io arrivassi, è successo un fatto tragico che portò alla morte di un visitatore così abbiamo deciso di rinunciare tutti per sempre a questa possibilità».

Tone capì subito a cosa si riferiva ma fece finta di non sapere e chiese cos’era successo. Lei raccontò la stessa storia del Vecchio, qualche dettaglio era differente ma tutto sommato le due storie combaciavano. I due parlarono per un pò ridendo e scherzando poi Nim disse a Tone, «Quel ciondolo legato sulla barca ti terrà lontano dai mulinelli e ti porterà da me tutte le volte che vorrai. Non potrò più scendere da qui, c’è anche una regola che mi impedisce di offrirti un boccale di vino ma mi farebbe piacere se ogni tanto tu avessi voglia di passare a trovarmi, tanto per fare due chiacchiere. Mi puoi raccontare cosa succede fuori dalla nebbia, mi farebbe piacere poter diventare amici.»

Tone ci pensò un attimo, poi conscio di commettere un errore disse: «Perchè no? Credo che per far due chiacchiere ogni tanto non ci sia nulla di male». Nim sorrise visibilmente felice «Bene Forestiero, per oggi dobbiamo salutarci, la nebbia stà svanendo, a presto.» Tone rimase fermo ad osservare la locanda svanire assieme alla nebbia, poi rientrò al porto che era quasi giorno. Dormì fino all’ora di pranzo, quando si sentì chiamare. Si affacciò alla finestra, era Piera: «ho visto la tua barca in porto, esperavo fossi a casa, ho preparato il pranzo, ti va di mangiare assieme in spiaggia?». Piera non aveva ancora finito la frase che Tone si era già vestito e fiondato giù dalle scale. Pranzarono, risero e scherzano fino all’ora di cena. Poi Piera si congedò con il solito bacio sulla guancia e si recò alla taverna del porto per il suo turno da cameriera, «Se sei libero passa alla taverna stasera». Tone annuì, poi si bloccò e disse: «Accidenti stasera non riesco, sto aiutando il Cartografo a raccogliere alcune informazioni e stasera mi aspetta per cena, ci vediamo domani?»

CAPITOLO 07

Tone andò avanti così per circa un anno, di giorno lavorava dagli zii e si frequentava con Piera. La notte, quando c’era nebbia, usciva sul lago e si incontrava con Nim. Al Cartografo aveva raccontato di essere tornato alla locanda, di aver avuto paura e aver gettato la collana per non avere più tentazioni. Il Cartografo aveva finto di credergli. Per un pò andò tutto liscio ma poi Piera cominciò a lasciar intendere che avrebbe voluto portare la loro relazione ad un livello differente, il che voleva dire che presto Tone avrebbe dovuto chiederle di sposarlo.

Nim era una buona amica, e se si fosse sposato avrebbe dovuto rinunciare alle lunghe chiacchierate notturne o raccontare tutto a Piera, e Tone si chiedeva come avrebbe reagito a oltre un anno di segreti, e non semplici segreti. Una notte Tone chiese a Nim una cosa che non aveva mai osato chiedere: «Come sei finita qui?», Nim perse il suo sorriso di colpo e si fece pensierosa, «Sai non ne parlo mai con nessuno, neanche con tutte queste persone con cui condivido questo destino. Il mio nome era Francesca, vivevo sul lago proprio come te e Piera, una notte i bravi del Conte vennero a casa mia e mi offrirono un lavoro come cameriera al castello, da come lo hanno detto ho capito che non potevo rifiutare. Un pò titubante accettai, alla mia famiglia venne detto che per un periodo sarei stata in clausura per purificarmi. Non fu proprio così, abusarono di me, mi picchiarono, mi rinchiusero in una cella con altre ragazze e il giorno che ebbi una reazione un pò violenta mi legarono a un sacco pieno di pietre e mi gettarono in mezzo al lago. Poi mi sono svegliata qui! Non fraintendere le mie prossime parole Tone, sono conscia della mia bellezza ma per me è stata sempre una maledizione fino al culmine del mio annegamento, non voglio più andarmene da qui, qui sono felice!», fece una pausa e il suo sguardo divenne feroce, «L’unico motivo per cui accetterei di tornare a terra è ammazzare quel bastardo del Conte e i suoi sporchi tirapiedi, ma credo che non avrò mai il coraggio di farlo», Tone rimase in silenzio un pò, poi proseguì: «Mi dispiace non sapevo», Nim lo interruppe con un sorriso, «Non preoccuparti è acqua passata, mmm forse acqua non è proprio il termine adatto in questa occasione».

I due si fecero una risata e proseguirono parlando d’altro per un pò, così Tone chiese consiglio a Nim su come comportarsi con Piera. Nim ci pensò un pò, poi propose la sua idea «E’ un pò che non mangiamo pane!», Tone la guardò perplesso, «La prossima volta che verrai qui portala con te e portaci una cesta di pane, io cercherò di apparire più brutta del solito», Nim strizzò l’occhio, «Poi le diciamo che ogni tanto vieni da noi per portarci del pane o altre piccole cose e in cambio noi assicuriamo protezione dalle creature del lago a tutti. Farai anche la figura dell’eroe, non ci sarò solo io ad accoglierti, mi inventerò qualcosa». Tone rientrò pensieroso.

Arrivato al porto trovò Piera e suo padre che l’aspettavano. Il fato a volte era davvero beffardo, mentre Nim raccontava la sua storia due bravi del Conte si erano presentati a casa di Piera e le avevo intimato di prendere servizio presso il castello la settimana seguente.

Quello che succedeva alle ragazze che lavoravano in quel castello non era un mistero, nessuno conosceva i dettagli ma tutti sapevano che le ragazze non si rivedevano più. Piera corse incontro al suo amato, lo abbracciò, «Tone, ti prego salvami, scappiamo assieme, andiamocene» Tone la strinse forte per un interminabile momento, poi la guardò negli occhi e le disse: «Fidati di me, dobbiamo parlare con una persona, subito!». Salutarono il padre e Tone lo rassicurò, poi navigarono verso la nebbia. Piera era troppo spaventata per fare domande o chiedere cosa fosse quella collana che si illuminava, vedeva Tone che remava veloce, sicuro e sembrava sapesse cosa stava facendo.

Arrivarono davanti alla locanda, Piera era immobile, terrorizzata, sembrava non respirasse. Tone chiamò ad alta voce Nim. Poco dopo Nim usci dalla locanda con un boccale e si diresse verso i due fidanzati, «Hey Forestiero, che succede? Ti sei dimenticato di…» e si interruppe vedendo Piera che ormai stava tremando di paura. Ci volle un oretta buona per calmare Piera, farla mettere a suo agio e spiegarle tutto. Dapprima Tone raccontò la storia del Vecchio, le sue visite alla locanda affascinato dal mistero, la sua amicizia con Nim. Poi Tone disse a Nim di ripetere cosa le era successo. Nim raccontò di nuovo tutto, scendendo in dettagli che prima non aveva menzionato.

Piera non aveva ancora parlato, si era limitata ad annuire, ci fu un istante di silenzio, fu Tone ad interromperlo: «Nim, puoi aiutarci in qualche modo?». Nim rimase un pò pensierosa, poi disse: «Antonio, sei stato un buon amico, ma dobbiamo dirci addio, devi scappare con lei, correre a nasconderti il più lontano possibile, non fidarti di nessuno, neanche del Cartografo che lavora per loro». Inaspettatamente Piera parlò, «E se io mi nascondessi in questa specie di locanda per un pò?», Tone le disse: «Se sali qui non potrai più scendere, potremo vederci solo qualche notte durante la nebbia». Nim fece un piccolo sorriso: «Forse c’è una possibilità! Tone c’è qualcosa che non sai, ora la nebbia si stà dissolvendo, vediamoci tutti e tre domani».

CAPITOLO 08

Tone e Piera stettero insieme tutto il giorno cercando e ipotizzando varie soluzioni, arrivò la sera e molto prima che la nebbia si alzasse erano già in barca. Giunse la nebbia e presto si ritrovarono al cospetto della Locanda, Nim li aspettava con impazienza: «Ciao amici, non ho fatto altro che pensare a Voi da ieri», «Anche noi» interruppe la ragazza, «Piera, ti conosco da pochissimo ma quello che ti sta per succedere mi sconvolge come fossi mia sorella. Andrò dritta al sodo, c’è una soluzione a tutto, devo uccidere il Conte o suo figlio e poi sparire!», «Cosa?!!?» Esclamarono contemporaneamente i due fidanzati. «Ascoltatemi, quello che non sapete è che non si stà qui per sempre, resta qui chi ha delle cose in sospeso e ci resta finché non si risolvono o finché chi le ha causate non muore. Piera c’è poco da fare, sei condannata, ti offro di salire su questa barca al mio posto domani, il giorno dei morti. Io, con l’aiuto di Tone, mi nasconderò da qualche parte, tanto nessuno mi cerca, e tu sarai più che al sicuro, nel giro di un anno trovo il modo di vendicarmi, poi torno qui e riprendo il mio posto ma a quel punto sarò libera di lasciare questo mondo e passare oltre.», Nim fece una pausa, Tone e Piera erano silenziosi, «certo è un piano rischioso, dovete fidarvi del fatto che io torni qui senza scappare, dovete sperare che riesca nel mio intento e molte cose devono funzionare, ma questo è tutto quello che posso offrire nella mia posizione». Tone disse: «Dev’esserci un altro modo, ammazzerò io quel maledetto», Piera lo interruppe: «Tone, lei non mi piace e non mi piace la vostra amicizia ma ha ragione, se tu ammazzi il Conte sei un uomo morto, se lo fa un fantasma credo non possano fare molto. Dobbiamo fidarci di lei e dovrai trovare il modo di farmi scendere da qui tra un anno».

Per il resto della nottata i tre andarono avanti a parlare cercando idee alternative ma ogni piano li riportava all’idea iniziale. Al calar della nebbia si congedarono da Nim. Tone e Piera continuarono a parlare per tutto il giorno, Tone non voleva seguire il piano di Nim, troppe incognite, troppo rischioso. Decisero che Piera sarebbe partita l’indomani per recarsi segretamente in un convento molto lontano e Tone l’avrebbe accompagnata. Il Conte non si sarebbe dato la briga di cercarla ovunque, e la vita da suora tutto sommato non era male. Dopo un paio di anni Piera avrebbe preso i voti e sarebbe rimasta per sempre una suora se Tone, nel frattempo, non avesse trovato una soluzione definitiva. Un paio di anni al convento non erano poi così male e nessuno doveva commettere omicidi o vendette.

Verso sera si salutarono e si diedero appuntamento al porto l’indomani mattina, Piera si fece consegnare la collana da Tone, non voleva che incontrasse Nim di nuovo in quella serata. Avrebbe avuto modo di rivederla e spiegarle tutto in seguito.

Tone passò una notte agitata, si svegliò presto e si diresse subito al porto, c’era una ragazza bellissima con gli occhi azzurri ad aspettarlo. Tone la guardò: «Ma come?», Nim sorrise «E’ stata lei, è venuta da me, io non volevo fare lo scambio senza di te ma ha insistito, non preoccuparti non voglio scappare, onorerò il mio patto e tra un anno tornerò al mio posto», Nim frugò nelle tasche, estrasse la collana e la diede a Tone: «Eccoti, ti aspetterà ogni sera, vedrai che questo tempo per lei sarà una bella avventura, sicuramente migliore di quello che l’attendeva stando qui». A Tone venne un nodo alla gola e gli occhi si inumidirono, «E ora cosa facciamo?». «Troviamo subito un posto dove possa nascondermi, nessuno deve vedermi e riconoscermi, sono passati molti anni dalla mia morte ma qualcuno potrebbe ricordarsi di me e sarebbe strano spiegare perché sono viva e non sono invecchiata», a Tone venne in mente la casa degli zii sull’isola, partirono subito. Tone spiegò allo zio che quella ragazza era scappata dal castello del Conte e aveva bisogno di nascondersi, spiegò anche quello che era successo a Piera dicendo che era partita per il convento. Lo Zio ci pensò un attimo: «E sia ragazza, stai pure qui, vivrai nel capanno nel bosco e mi aiuterai con il bestiame, con l’orto e darai una mano a mia moglie in casa, non mi è mai piaciuto quel tizio, un arrogante sbruffone che non è altro. A proposito, come ti chiami?», «Francesca», «bene Francesca, nel caso dovessero scoprirti io dirò che ti sei presentata qui in cerca di un lavoro e te l’abbiamo offerto, e tu, Tone, devi occuparti di lei perché ovviamente non si può allontanare da qui».

Andarono avanti a discutere dei dettagli per un pò. Tone ogni sera raggiungeva Piera e la vedeva felice, rilassata, come fosse senza pensieri congelata in una bolla. Un pò alla volta accettò la situazione e così iniziò la nuova vita sull’isola. Non capitava molta gente e Francesca si teneva lontana da ogni incontro, per precauzione si vestiva da uomo così anche chi l’avesse vista in lontananza non se ne sarebbe curato. Di giorno lavorava e di notte preparava la sua vendetta, avrebbe rimesso le cose a posto e sarebbe tornata alla locanda il prossimo giorno dei morti.

CAPITOLO 09

I mesi passarono, com’era logico che fosse Tone e Francesca si avvicinarono molto, lavoravano assieme, studiavano piani di vendetta, ridevano, scherzavano, ci fu anche un momento in cui si stavano per baciare ma Francesca lo fermò, «Vorrei anch’io ma non possiamo, renderemmo tutto troppo difficile», Tone la ringraziò e capì finalmente che era sincera.

Piera era lontana e nonostante entrambi si sforzassero di comportarsi come nulla fosse i sentimenti che ognuno di loro provava crescevano di giorno in giorno. Passarono l’inverno, la primavera e poi l’estate, il giorno dei morti si stava avvicinando.

Francesca era pronta a colpire, la prima sera senza luna si sarebbe intrufolata nel castello. Il piano era semplice, la sua realizzazione un pò più complessa. Francesca sarebbe uscita in barca da sola e si sarebbe recata al porticciolo. Da lì si sarebbe intrufolata fino alla palazzina con le stanze delle prigioniere. Avrebbe poi camminato apertamente nei corridoi fino alla stanza del Conte, nessuno avrebbe fatto domande nel vedere una bella ragazza indirizzarsi lì. Una volta dentro gli alloggi privati del Conte lo avrebbe pugnalato alle spalle, dopo un oretta sarebbe rientrata alla palazzina delle schiave e da lì di nuovo alla barca e poi sull’isola. Nessuno si sarebbe accorto di nulla fino all’indomani mattina e i primi sospetti sarebbero ricaduti sui rivali politici.

Francesca doveva solo far finta di nulla per un paio di giorni e poi scambiarsi di nuovo con Piera. Lei avrebbe racontato di essere appena rientrata dal convento. Aveva già provato la prima parte del piano molte volte ed era sempre andato tutto liscio. Solo lei e Tone erano a conoscenza del piano.

Pochi giorni dopo la morte del Conte, quando la notizia si sarebbe diffusa, Francesca avrebbe detto allo zio che ora si sentiva libera e non aveva più motivo di nascondersi, se ne sarebbe andata. Al piano tuttavia mancavano alcuni dettagli come una copertura che tenesse Tone lontano dai sospetti se qualcosa fosse andato storto e, per lo stesso motivo, non si poteva rischiare che qualcuno vedesse la sua barca nei pressi del porto quella sera.

Francesca elaborò una soluzione perfetta: «Senti Tone, facciamo così, mi accompagni con la tua barca in quella zona nel pomeriggio e mi lasci a riva, io mi nasconderò e terminata la mia missione rientrerò a sud dell’isola con una barca, diciamo presa in prestito, poi abbandonerò la barca e la corrente la porterà fino alla parte bassa del lago, rientrerò a piedi fino a casa. Tu dopo avermi accompagnato e aver fatto le tue faccende dovrai andare alla taverna in paese e farti vedere da tutti, così nessuno potrà sospettare di un tuo coinvolgimento».

Tone avrebbe preferito essere assieme a lei per poterla aiutare, ma si rendeva conto che più stava lontano dal castello meglio era. Sarebbe stata una lunga serata ed era meglio passarla scolandosi qualche birra.

Giunse finalmente il giorno, Tone accompagnò Francesca al nascondiglio designato, rientrò a casa e poco dopo ripartì per lasciare l’isola in direzione del suo paesello. Più passavano le ore più cresceva l’agitazione e il senso d’ansia, il culmine fu nel momento in cui attraccò e senti una voce chiamarlo: «Hey Ragazzo, mancano pochi giorni al giorno in cui si può lasciare la locanda, sono venuto ad accertarmi che tu non sia in procinto di fare qualche sciocchezza!», Tone si girò verso la voce e riconobbe subito il Vecchio.

Iniziò a tremare e dovette sedersi a terra per non svenire, il Vecchio continuò: «temo che la sciocchezza tu l'abbia già combinata, raccontami tutto». Tone dovette stare alcuni minuti fermo e bersi un paio di bicchieri di birra per calmarsi, poi raccontò tutto. Il Vecchio ascoltava allibito, terminato il racconto Tone si aspettava una reazione violenta, il Vecchio invece con un tono quasi divertito disse: «L’unica cosa certa da qui alla prossime ore è che il Conte morirà, e francamente non me ne può fregar di meno, certo oltre a lui morirà suo figlio, i suoi servitori e probabilmente anche degli innocenti a caso» Tone lo guardò sbigottito.

Il Vecchio continuò «Però non posso fartene una colpa, si ti avevo avvisato ma non ti ho detto tutto e nella tua situazione forse avrei fatto lo stesso, figurati che io ho liberato un demone per qualche bicchiere di vino», Tone ebbe una reazione scomposta: «Un demone????», «Ascolta ragazzo, su quella locanda ci sono anime in attesa di passare oltre e anime dannate che non vedono l’ora di andarsene, solo le anime dannate possono scendere da quella bagnarola maledetta a patto che qualcuno prenda il loro posto». «Non è possibile, lei non è così», provò a controbattere Tone. Il Vecchio lo guardò con tenerezza, «Posso fornirti almeno due prove che le cose non andranno come pensi e che non vedrai più la tua fidanzata. La prima è che se questi demoni mettono anche solo un piede o una mano nel lago una qualche forza malvagia li prende e li riporta sulla barca, quindi scommetto una botte di vino buono che non avrai mai visto con i tuoi occhi quella ragazza toccare l’acqua del lago. La seconda è che il piano è cambiato, guarda là, una colonna di fumo si stà alzando proprio adesso dal castello, sicuramente è infuriata con il Conte su questo non ci piove» Tone si dovette sedere di nuovo, il Vecchio lo incalzò: «Forza non è il momento di riposare. Prendi la tua bagnarola, trova subito quella ragazza, legala, e poi raggiungimi con lei allo scoglio delle anguille».

CAPITOLO 10

Tone stavolta non ebbe alcuna esitazione, voleva salvare Piera e voleva anche capire cosa stesse succedendo. Mentre il Vecchio si allontanava su un carro lui stava remando con tutta la forza che aveva verso quella colonna di fumo. Arrivò al porticciolo proprio mentre Francesca usciva di corsa sul pontile alla ricerca di una barca con cui scappare, le fece un cenno: «Muoviti veloce, tuffati e raggiungimi». Francesca lo guardò con un aria assolutamente sorpresa: «Cosa diavolo ci fai qui? Dovresti essere da tutt’altra parte, va beh ormai sei qui, vieni a prendermi, non so nuotare». Tone iniziò seriamente a credere che il Vecchio avesse ragione, raggiunse velocemente la ragazza, la fece salire a bordo, e convinti di non essere visti da nessuno partirono, direzione nord.

Qualcuno però li stava guardando e prendeva appunti su un taccuino nero con una linea azzurra incisa sulla copertina. Francesca teneva lo sguardo in direzione del castello mentre Tone remava, poi appena si sentì al sicuro, urlò infuriata a Tone: «Cosa ti è saltato in mente?». Tone indicò semplicemente la colonna di fumo, Francesca fece un sospiro e cercò di farsi passare la rabbia: «Ho colto un’opportunità, ero nascosta in attesa della notte, poi mi sono trovata il Conte di fronte, da solo, che scemo, era terrorizzato e ha iniziato a chiamarmi demonio risorto dagli inferi, allora l’ho colpito con una fiaccola che era appoggiata al muro, da lì si sono sprigionate un pò di fiamme e io sono scappata, tutto sommato è andata meglio del previsto. Troveranno il corpo di quel farabutto completamente carbonizzato e penseranno sia rimasto coinvolto nell’incendio. Ma a proposito, dove stiamo andando? L’isola è di là” e con il braccio indicò la direzione opposta a quella che stavano seguendo.

Tone con un tono più serio del solito rispose: «Niente isola, non voglio mettere a rischio gli altri, andiamo un paio di giorni da un amico, non farà domande, poi potrai tornare alla tua locanda e passare oltre». Stettero entrambi in silenzio fino a quando raggiunsero il luogo dell’appuntamento con il Vecchio.

Era un grosso scoglio che affiorava dall’acqua un pò staccato dalla riva. Tone si fermò, Francesca un pò perplessa domandò: «Abita qui il tuo amico? Su questo sasso?», Tone scoppiò in una risata isterica: «No, certo che no. Abita in un capanno dietro quelle piante, meglio aspettare che ci veda e ci dica di avvicinarci, ci vorrà poco. E’ un tipo un pò strano, meglio non fare sorprese, tu sei sicura che non ti abbia visto nessuno?», lei annuì.

Mentre parlava Tone gettò l’ancora, dopo aver legato l’altra estremità della corda che la teneva a un gancio che si trovava leggermente sotto il livello dell’acqua. Tone saltò sullo scoglio: «Vieni, qui è più comodo!» Francesca cominciava a spazientirsi e sospettare qualcosa quando Tone esclamò «Eccolo! Sta arrivando in barca».

Francesca osservava quel Vecchio che remava verso di loro. Il Vecchio si fermò a un paio di metri da loro, guardò dritto Francesca negli occhi: «Lurido demone, non ho potuto salvare mio fratello ma farò il mio dovere rimandandoti all’inferno», Francesca si mostrò per quel che era: «E così Tone mi hai imprigionata qui, complimenti, mentre io cercavo di raggirarti tu sei riuscito a farmela. E pensare che stavo seriamente pensando che la nostra storia avrebbe avuto un seguito. Ero convinta che l’ingenuo fossi tu! Bene ora cosa pensi di fare, di convincermi a tornare di mia spontanea volontà in quel postaccio, ahahah scordatevelo».

Tone si tuffò in acqua e nuotò fino a risalire sulla barca del Vecchio, «Francesca non posso credere che tu abbia finto per tutto questo tempo, non pensi a Piera?», «Cosa vuoi che me ne importi di Piera, stà bene là dove stà, non l’hai vista com’era tutta bella felice? Se non fosse stato per me a quest’ora sarebbe comunque in quel posto ma ci sarebbe arrivata per una strada ben più insidiosa» mentre lei parlava il Vecchio afferrò una canna di bambù alla cui estremità aveva legato la lama di un pugnale. Con quella specie di lancia, mentre nessuno badava a lui, infilzò la lama con violenza nella coscia della ragazza.

Dalla ferita sgorgò subito del sangue, Francesca tamponò subito la ferita con uno straccio: «Sei impazzito maledetto di un Vecchio?», anche Tone lo guardò sbigottito. Il Vecchio rimosse la lama dalla canna di bambù e la ripose in un astuccio di pelle, «Ora che sei ferita sono sicuro che non scapperai e sappiamo bene entrambi che non entrerai in acqua. Ragazzo andiamo, vieni con me, dobbiamo sistemare alcune cose» e si mise a remare allontanandosi dalla barca. Tone lo guardò perplesso: «Ma perché lo hai fatto?», «Non ti preoccupare non può scappare, noi dobbiamo andare a prendere delle cose qui vicino».

Raggiunta la riva il Vecchio fece alcuni passi su un sentiero che si inoltrava in un bosco, Tone lo seguiva. Giunto nei pressi di alcune pietre il Vecchio ne sollevò una, spostò un pò di terra ed estrasse dal terreno una scatola di latta. Tone assisteva muto alle azioni del suo compagno. Il Vecchio, estremamente compiaciuto, estrasse dalla scatola una bottiglietta con del liquido trasparente, tirò fuori il pugnale sporco del sangue della ragazza dalla custodia di pelle e versò il liquido sopra il sangue. Il sangue, ancora rosso, divenne azzurro, un azzurro quasi luminescente. Il Vecchio esclamò: «Ora ne siamo sicuri, lei è un demone, andiamo dobbiamo escogitare il modo di rinchiuderla da qualche parte» poi avvolse il pugnale in un pezzo di stoffa, se lo mise in tasca e ripartì in direzione del lago, lasciando cassetta, boccetta e la custodia lì in terra. Tone lo segui sempre in silenzio e più confuso che mai.

CAPITOLO 11

I due uomini si rimisero a remare sulla barca, ma non appena arrivarono nei pressi dello scoglio delle anguille scoprirono che Francesca, o meglio Nim, era riuscita a liberare la barca dall’ancora e scappare. La vedevano in lontananza.

Il Vecchio si rivolse al suo compagno di viaggio: «Rema tu, sei più giovane e forte, cerca di raggiungerla, ne va della vita della tua fidanzata”, Tone si mise subito a remare di gran lena, il Vecchio si accomodò di fronte a lui e iniziò a fumare la pipa. Dopo alcuni istanti di silenzio, mentre Tone remava il Vecchio riprese a parlare: «Ora ascoltami bene, c’è una possibilità! Mi condurrai a terra e io cercherò di catturare quel demone prima che combini troppi disastri. Tu torna a casa, preparati una bottiglietta con acqua di lago e della grappa, poi metti in infusione radici di Ginepro e lasciala tutta notte all’aperto. Domani sera raggiungi la locanda maledetta, scambiati con Piera, prima di salire bevi un sorso dalla bottiglietta che ti sei preparato e raccogli in una brocca un pò di acqua dal lago. Raggiungi il retrobottega della locanda, troverai disegnato a terra un cerchio rosso, metti al centro il boccale di acqua e immergi questo pugnale sporco del suo sangue. Lei apparirà poco dopo, sarà un pò frastornata per alcuni secondi. Quando la vedrai apparire e sarai sicuro si tratti di lei dovrai correre e saltare giù dalla barca per primo. Stai molto attento, appena inizierai a sentire la tua testa confusa allora dovrai bere un goccio dalla boccetta, ritornerai in te. Attento alle anime dannate, se si dovessero accorgere di cosa sta succedendo tenteranno di buttarsi in acqua prima di te e il primo che scenderà sarà libero, gli altri resteranno lì fino all’anno prossimo.», «Come riconosco le anime dannate?», lo interruppe Tone. «Sono quelle lucide, è la loro condanna restare lì, quelle buone vivono in una sorta di stato confusionale che non gli permette di comprendere il tempo che passa. Stai attento a non entrare anche tu in quello stato, ai primi segnali bevi un goccio della pozione che ti sarai portato dietro, non fa’ miracoli ma ti aiuterà. Stai molto attento a Nim, dovrai aspettare che appaia. Scendere dalla barca, avrai pochi istanti prima che si riprenda e capisca cosa stà succedendo», Tone remò ancora un pò poi esausto passò i remi al Vecchio. Per il resto del tragitto il Vecchio rispiegò più volte tutto quello che Tone doveva fare accertandosi che avesse tutto chiaro, poi concluse: «Se non riesci a salvarti con le tue mani cercherò di tirarti giù io in qualche modo tra un anno, adesso pensiamo a Piera».

Giunsero a riva, il Vecchio saltò giù dalla barca e si mise sulle tracce del demone, Tone riprese la sua barca che era lì abbandonata e rientrò a casa. Dopo aver preparato la pozione e ripassato mentalmente il piano si addormentò. Il giorno passò velocemente, Tone continuava a ripassare il piano e valutare ogni azione finché giunse il momento. Tone partì subito guidato dalla collana e presto giunse in prossimità della locanda dove c’era Piera ad aspettarlo, prima che lei potesse parlare e chiedere di Nim, Tone le disse tre parole: «Fidati di me!» e le fece cenno di salire sulla barca, lei lo fece e di colpo riprese lucidità guardandosi in giro spaventata. Tone afferrò la brocca che si era portato e la riempì con acqua di lago, bevve un goccio della pozione e poi salì sulla zattera che traghettava la locanda, guardò Piera: «Francesca o Nim o come diavolo si chiama si è presa gioco di noi, ora ti chiedo di fidarti di me, allontanati da qui e aspettami sull’isola, se domani mattina non sarò da te allora vai a cercare il Vecchio ubriacone, ti spiegherà tutto!» Piera annuì e si mise a remare lentamente.

Tone cercando di simulare una sorta di confusione mentale iniziò ad aggirarsi sulla zattera. Camminando riusciva chiaramente a distinguere le anime buone da quelle cattive, osservava minuziosamente i comportamenti che doveva imitare e cercava di muoversi il più lontano possibile dalle presenze che popolavano quel luogo maledetto. Ogni tanto cercando di non destare attenzioni sorseggiava un pò della sua bevanda.

La locanda al suo interno non aveva nulla di speciale o malefico, sembrava una locanda qualunque, come ce ne sono tante, si mosse con disinvoltura prendendo una birra dal bancone e si guardò in giro. Vide presto la porta che dava sul retro, si avvicinò ed entrò diretto senza pensarci, poi si sedette in un angolo nell’attesa che qualcuno entrasse dalla porta. Passarono un pò di minuti e fortunatamente nessuno entrò.

La stanza era completamene vuota e al centro c’era un cerchio rosso disegnato a terra, proprio come aveva detto il Vecchio. Tone iniziò il suo rituale, prese la brocca dalla borsa a tracolla che portava e l’appoggiò al centro dopo aver tolto una specie di tappo fatto con un pezzo di legno. Estrasse il coltello, lo sfilò dal panno nel quale era avvolto e lo gettò nell’acqua. Per qualche minuto non successe nulla, poi l’acqua cominciò a emettere un bagliore e ribollire. Pian piano la sagoma di Nim stava prendendo forma. Tone tentò di bere un goccio della sua pozione ma per l’emozione del momento la boccetta gli scivolò a terra disperdendo tutto il suo contenuto.

Nim aveva preso completamente forma, si guardava in giro cercando di capire cosa stesse succedendo. Era girata di spalle rispetto alla porta, Tone uscì dalla stanza, nessuno lo stava osservando per cui spinse un tavolo davanti alla porta nella speranza di bloccarla. La testa cominciava ad essere confusa, si diresse all’uscita pronto a lanciarsi nel lago. Era sulla porta, sempre più confuso quando Nim uscì sbattendo violentemente la porta.

Tutti la osservarono e subito dopo videro Tone uscire dalla porta. Nim lanciò un urlo: «Fermatelo!» e si lanciò all’inseguimento di Tone, nessuno però le diede retta, nessuno degli altri demoni riuscì a capire come mai lei fosse riapparsa da quella porta. Tone, sempre più assente e sconvolto camminava lentamente verso il bordo della zattera, vide Nim che correva nella sua stessa direzione.

I due giunsero sul bordo praticamente assieme e mentre Tone si lasciava cadere lentamente in acqua Nim si lanciò nel lago con un poderoso balzo anticipando di poco il suo rivale. Riemersero entrambi dall’acqua nello stesso momento l’uno di fronte all’altro. Tone aveva riacquistato le sue facoltà mentali, Nim fu la prima a parlare: «Forestiero come hai fatto? E’ stato quel Vecchio? Chi è?», Tone la guardò negli occhi: «E ora che succede, siamo liberi entrambi?» L’acqua iniziò a ribollire, emerse un serpente enorme, Nim guardò Tone per un ultima volta e con un ghigno malvagio disse: «Mi spiace Tone, sono arrivata in acqua per prima, un giorno passerò a trovarti ma prima devo eliminare Piera, la tua famiglia e quel Vecchio, addio!» Il serpente aprì le fauci e si scaraventò sulla sua preda.

CAPITOLO 12

Piera, ferma sulla riva, osservava quella sagoma che si muoveva verso di lei. C’era ancora un pò di foschia e l’alba non era ancora arrivata, si nascose dietro un cespuglio finché non riconobbe Tone che usciva dall’acqua. Gli corse incontro, i due si abbracciarono e baciarono per un tempo interminabile. Poi si sedettero, Tone le raccontò tutto e conclusero che forse lei non aveva toccato per prima l’acqua quando entrambi avevano tentato di lasciare la barca.

Qualche ora dopo arrivò il Vecchio sull’isola, non era solo, con lui c’era il Cartografo. Tone era perplesso e sbigottito: «Ma voi due vi conoscete? Com’è possibile?”, fu il Cartografo a prendere parola facendo un segno al Vecchio di tacere «Amici miei, ci sono tante forze malvagie da queste parti, e ci sono persone come me e come l’uomo al mio fianco che si occupano di studiarle, combatterle e se possibile eliminarle. Teniamo lontano le persone inventando storie e facendo cose a volte non troppo corrette. Il nostro è l’ordine dei protettori della lama azzurra, un’antica congrega di donne e uomini dediti a proteggere i propri simili da … lo sapete. Spero vogliate unirvi al nostro ordine e essere dei nostri».

Tone ci mise un pò a capire, il Vecchio prese dalla barca un taccuino nero con incisa sulla copertina una linea azzurra, «Ragazzi, il vostro compito è semplice, scrivere su questo taccuino tutto quello che sapete di questa storia, completarlo con disegni, appunti, idee, qualunque cosa! Se volete potete tornare alla locanda, parlare con Nim, sempre che voglia farlo, potete parlare con gli altri e segnare tutto quello che scoprirete, dovete indagare su chi erano in vita le persone che si trovano in quel posto, capire cosa succede quando se ne vanno e annotare tutto. Quando il taccuino sarà pieno lo dovrete inviare all’ordine e ve ne arriverà uno nuovo. Gli studiosi del nostro ordine poi vi chiameranno per chiedervi chiarimenti e affidarvi indagini specifiche», mentre Tone stava ancora cercando di capire cos’era appena successo e cosa fosse quel taccuino Piera, disse: «Ma voi credete che noi ne saremo in grado?», i due si misero a ridere poi fu il turno del Cartografo: «Avete buone capacità, è fuori da ogni discussione, ma avete bisogno di una guida e questo Vecchiaccio con la pelle dura vi insegnerà tutto”. Tone si scambiò uno sguardo con Piera e poi entrambi annuirono.

Il Cartografo congedandosi disse: «Dimenticavo, come membri dell’ordine avrete una paga mensile e la protezione delle più alte cariche politiche di ogni stato per cui se i bravi del Conte o qualcun altro volesse mettervi i bastoni tra le ruote non dovete far altro che avvisare il vostro contatto. Però mi raccomando, nessuno al di fuori dell’ordine deve sapere chi siete o cosa fate, nessuno dei vostri amici e parenti ma soprattutto nessuno in quella locanda».

Il Vecchio e il Cartografo salirono sulla barca e si allontanarono, Tone urlò: «Cosa dobbiamo fare adesso?», il Vecchio stava remando e dava le spalle a Tone ma fu lui a rispondere: «Riposatevi per qualche giorno, mi farò vivo io presto!».

Tone e Piera si inventarono una storia credibile sul suo ritorno e si sposarono velocemente, nessuno nel paese si preoccupò più di tanto della storia di Piera, c’era altro di cui discutere. Il Conte era morto e suo figlio aveva preso il suo posto, questo voleva dire grossi cambiamenti e non si sapeva ancora se in meglio o in peggio.

Nim aveva ripreso a costruire un altro amuleto nella speranza di guidare un altro sfortunato alla locanda.Il Vecchio se ne era andato per un pò di tempo ed ora stava tornando dai suoi successori per iniziare l’addestramento.

Nessuno di loro sospettava che era stata realmente Nim ad aver raggiunto l’acqua per prima. Qualcun altro all’interno della locanda aveva afferrato il coltello sporco del sangue della ragazza e lo aveva rimesso nella brocca richiamandola sulla zattera poco prima che i due raggiungessero l’acqua.

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